23 agosto 2025

“Businaad”, quando la prosa dialettale di Elio Galbusera raccontava il passato e faceva divertire

Elio Galbusera (1928-2025).

(C.Bott.) Sono composizioni poetiche popolari il cui contenuto è il più delle volte (ma non esclusivamente) satirico, scritte in dialetto lombardo e spesso recitate dai cantastorie. Per descriverle, il termine businaad gli era particolarmente caro perché a lui non dispiaceva affatto, anzi piaceva proprio, l’idea di assomigliare un po’ ai busìn, appunto i cantastorie.

Lui è Elio Galbusera, al quale oggi pomeriggio alle 14.30 nella chiesa di San Zeno Mandello Lario tributerà l’ultimo saluto. Amava raccontare e far divertire senza prendersi troppo sul serio, il “gem”, soprannome che gli era stato attribuito in anni lontani. Era autoironico e attento osservatore e lo scorso anno sua figlia Marzia gli aveva fatto un bellissimo regalo dando alle stampe una piccola quanto elegante pubblicazione della quale aveva curato anche il progetto grafico e che in copertina riproduceva una simpatica creazione della stessa artista (buon sangue non mente) non a caso dal titolo “Cantastorie”.

“Businaad”, appunto, era il titolo e la pubblicazione custodiva una raccolta di composizioni in versi scritte da suo padre in dialetto mandellese. “Dai suoi testi - scriveva Marzia nella presentazione - riemerge il volto delle generazioni che dopo l’esperienza della guerra, vissuta da bambini o in piena adolescenza, hanno saputo gettare le basi per la trasformazione di Mandello in realtà produttiva conosciuta e apprezzata in molte parti del mondo”.

E più avanti specificava: “Essendo il dialetto un tipo di comunicazione prevalentemente orale, con differenze di pronuncia abbastanza rilevanti anche tra zone geograficamente vicine, è difficile individuare delle regole “esatte” per riprodurne sulla carta la forma, la terminologia, gli accenti. Chi scrive in dialetto sa di andare incontro a numerose critiche e ad altrettanti suggerimenti ma anche questo fa parte del gioco”.

Elio Galbusera dal canto suo premetteva: “La prosa dialettale consente di raccontare in maniera assolutamente realistica o pittoresca, comica o tragica, gli avvenimenti del passato. Ci permette di usare e conservare i termini meno conosciuti, spesso i più significativi, del nòst dialètt, descrivendo di volta in volta l’ambiente, i personaggi, le prevaricazioni, i gueer, i sufereenz, i abitudin, i mestee, i vizi, i pregi, i mezzi sémper precari, èl puteer di genituur, la vita di bagàj, la carenza di danee, sémper tròp pòch…”.

Poi spazio a una ventina di composizioni, corredate da belle immagini a colori e in bianco e nero e dalle fotografie di giocattoli ideati e costruiti dallo stesso Galbusera con amore e generosità per i suoi nipoti. E sulla quarta di copertina una frase dello stesso Elio, rigorosamente in dialetto: Pèr savè de che paart ‘nà, devum savè de che paart végnum.

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