25 maggio 2022

Mandello Lario e la zona a lago. Anni Trenta, problemi con gli scavi nel Meria e con il porto


 

Un’altra “tappa” lungo il percorso di ricostruzione della storia dei giardini pubblici e, più in generale, della zona a lago di Mandello Lario curato da Luciano Rossi.

Si era alla contestazione del Lido in Poncia nel 1937. Alla fine dello stesso anno c’è un’altra grana per il podestà, riguardante lo scavo di materiale dal Meria e dalla Gera, che come sappiamo è sempre proseguito.

Gli scrive il Genio civile di Como che “da accertamenti sopraluogo e da quanto è stato riferito a quest’ufficio risulterebbe che i signori Bonacina Giovanni Battista detto Carlo e Colombo Pietro hanno estratto dal torrente Meria un quantitativo di materiale alquanto superiore a quello dato in concessione” e gli chiede di fare una verifica approssimativa “per verificare a scopo fiscale il quantitativo veramente estratto”.

Il podestà si prende un paio di settimane di tempo e risponde, senza altri commenti ma “dopo accurate informazioni assunte”, che Bonacina ha estratto 1.350 metri cubi e Colombo 150. Pare di capire che sia tutto regolare, tanto che “le due ditte sono state invitate ad avanzare altra domanda per la rinnovazione della concessione, intendendo esse continuare l’estrazione in parola”.

Nel ’38 invece c’è un problema con il porto. Ancora il podestà Bruschetti segnala che da oltre trent’anni "non vi sono stati eseguiti lavori di miglioria né di manutenzione" (in pratica da inizio secolo, quando era stato rifatto il molo) e di conseguenza “è stato quasi tutto invaso dalla sabbia e dal pietrisco, sì da rendere difficilissimo e pericoloso l’ancoraggio dei natanti anche dei più piccoli”, suscitando le giustificate proteste di barcaioli e altri utenti. Bisogna quindi provvedere urgentemente allo spurgo utilizzando una draga, “data l’enorme quantità di materiale da asportare”.

Ma la difficoltà sta sempre nei soldi, 14.400 lire per lo sgombero e per opere murarie, che nel bilancio dell’anno in corso non ci sono e che andranno pertanto prelevate dal bilancio dell’anno successivo, quando è già previsto un fondo straordinario “per la costruzione e ampliamento del cimitero e della camera mortuaria”.

Tornando al Lido in Poncia, gli ultimi documenti nel periodo fascista sono due divieti. Con il primo, protocollato il 10 giugno 1940 (lo stesso giorno dell’annuncio dell’entrata in guerra), la Regia questura ordina al podestà la chiusura dell’impianto perché privo della necessaria autorizzazione di polizia. Il secondo, di un anno dopo, ormai in piena guerra, è del podestà stesso e vieta il bagno e il nuoto nel lido e vicinanze, perché l’impianto ha bisogno di “lavori di miglioramento ed eventualmente di ampliamento” e “nelle condizioni attuali non presenta alcuna sicurezza sia per l’igiene che per il pubblico decoro”.

Critiche che, guarda un po’, ricordano da vicino quelle avanzate e poi ritirate dai genitori del ’37.

Una breve pausa per i nostri giardini a conclusione degli anni ’30. Cosa è cambiato rispetto al decennio precedente? Giorgio Enrico Falck nel ’34 è divenuto senatore per regio decreto (tutti i senatori, solo maschi, erano nominati dal Re) e tale resterà fino alla fine del fascismo. I suoi interessi, oltre all’acciaieria, si saranno ampliati rivolgendosi altrove.

Ma per la nostra piccola storia gli anni Venti erano stati quelli in cui si era conteso se la Gera dovesse restare di proprietà comunale e, almeno nella parte vicina al borgo, diventare un giardino per tutti oppure no.

Negli anni ’30, dopo la sollevazione della cittadinanza a favore dei giardini pubblici, ci si è confrontati su come dovessero esserlo. I giardini e le concessioni, i giardini e la memoria dei caduti, i giardini e lo sport, i giardini e i bagnanti, i giardini e l’escavazione della sabbia. Qualcosa si è deciso, su qualcos’altro si è polemizzato, altro è rimasto in sospeso. Ora incombe la guerra e lo sfascio dell’Italia.

Luciano Maria Rossi

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