21 aprile 2024

Giulia Molteni a Mandello rivisita con bravura la forza e l’attualità della “Buona novella” di De André

Ieri a San Giorgio l’applaudito concerto della pianista e cantante, affiancata da Ranieri “Ragno” Fumagalli e da Francesco Albarelli

Giulia Molteni, Francesco Albarelli e Ranieri "Ragno" Fumagalli ieri a San Giorgio.

(C.Bott.) Pubblicato nel 1970, è considerato uno tra i lavori più riusciti di Fabrizio De André ed è frutto di un coinvolgimento e di un’ispirazione profonda. E’ La buona novella, il concept album del grande cantautore genovese basato sulla storia della famiglia di Gesù raccontata dai Vangeli apocrifi e dove la narrazione appunto della buona novella sottolinea più l’aspetto umano, rispetto a quello spirituale, di talune figure bibliche.

Una storia iniziata con l’infanzia di Maria e proseguita con il ritorno di Giuseppe e il sogno della madre del Messia, passando per il bellissimo inno alla maternità rappresentato dal brano Ave Maria e dall’incontro della Vergine con il falegname intento alla costruzione di tre croci: “due - per dirla con De André - per chi disertò per rubare, la più grande per chi guerra insegnò a disertare”.

Quindi la via della croce e il dolore umano in tutte le sue sfumature, le tre madri che al calvario piangono i loro figli e il testamento di Tito in cui il ladrone - Tito, per l’appunto - analizza tutti i comandamenti per spiegare come li ha violati  e mettere in risalto la contraddizione tra chi fa le leggi e chi è obbligato a rispettarle perché il potere lo subisce.

“Quando scrissi La buona novella era il 1969 - ebbe a dire De André - Si era quindi in piena lotta studentesca e le persone meno attente considerarono quel disco come anacronistico. Mi dicevano: “Ma come? Noi andiamo a lottare nelle università e fuori dalle università contro abusi e soprusi e tu ci vieni a raccontare la storia della predicazione di Gesù Cristo”. Non avevano capito che La buona novella voleva essere un’allegoria che si precisava nel paragone tra le istanze migliori e più sensate della rivolta del ‘68 e quelle, da un punto di vista spirituale sicuramente più elevate ma da un punto di vista etico e sociale molto simili, che un signore 1969 anni prima aveva fatto contro gli abusi del potere, contro i soprusi dell’autorità, in nome di una fratellanza universali. Si chiamava Gesù di Nazareth e secondo me è stato ed è rimasto il più grande rivoluzionario di tutti i tempi”.

Della Buona novella è stato scritto che “conserva una forza e un’attualità incredibile”. E ancora: che è “un album da ascoltare e riascoltare, lasciando che le parole di Faber penetrino dentro di noi e ci mettano in discussione”.

E’ quanto ha fatto ieri pomeriggio Giulia Molteni proponendo a San Giorgio di Mandello Lario, nell’ambito della festa patronale, una personale rivisitazione di quell’opera di De André. E lo ha fatto nel migliore dei modi, splendidamente affiancata da Ranieri “Ragno” Fumagalli ai flauti e alle ocarine e da Francesco Albarelli al violino.

Molto ben eseguiti anche i tre bis - La guerra di Piero, Fiume Sand Creek e Sidùn - e bene ha fatto Adriana Lafranconi, a conclusione del concerto, a sottolineare a nome degli “Amici di San Giorgio” come il concetto secondo cui la bellezza salverà il mondo possa essere applicato anche alla musica. “E le parole e le melodie cantate da Giulia Molteni - ha detto - ne sono una conferma, anche grazie al dono del suo talento”.
 



















 

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