18 aprile 2024

Undici piante si raccontano nel nuovo libro di Roberto Pozzi. “La nostra lotta per la sopravvivenza”

Limone, rovere, fico, betulla, noce, faggio, alloro, tiglio, frassino, pioppo e larice si presentano narrando la loro storia e raccontando come sono arrivate sul territorio lariano

Roberto Pozzi

L’anno scorso aveva pubblicato il libro Quattro piante raccontano la vita rurale del Lario. In esso Roberto Pozzi aveva descritto, o per meglio dire aveva fatto descrivere alle piante stesse, la loro storia e il contributo fornito non soltanto all’economia lariana ma, più in generale, alla cultura contadina fino agli anni Cinquanta del secolo scorso.

Ma quali sono queste preziose piante amiche dei nostri antenati? Gli anziani certamente le ricordano, per le nuove generazione saranno una bella scoperta. Sono la vite, l’olivo, il castagno e il gelso.

In questi giorni, sempre dalla stessa casa editrice (Bellavite di Missaglia), ha visto la luce il volumetto Autobiografia di undici piante. Nel libro sono sempre le piante a scrivere le loro biografie. Esse si presentano narrando la loro storia e raccontando come sono arrivate sul nostro territorio. Parlano dei loro problemi di adattamento, della vita nascosta delle loro radici e all’interno del tronco e della vita palese delle loro chiome che svettano nel cielo e dei loro fiori e frutti.



Parlano anche della non facile convivenza con le varie specie nel bosco e della loro lotta per la sopravvivenza. Se per l’uomo la vita è una lotta (Militia est vita hominis super terram, diceva Giobbe) anche le piante per sopravvivere devono combattere contro i loro nemici o farseli amici. Devono convivere con altre piante, con gli animali, soprattutto con gli insetti e poi con l’uomo, al quale offrono moltissimi doni.

Nel libro “intervengono” ben undici piante. Prende la parola per primo il limone, che reclama di essere annoverato tra le piante più importanti del territorio perché fin dal Seicento i suoi frutti erano esportati in Germania. Il limone parla della sua utilità e, tra le altre cose, vanta di aver salvato la vita dei marinai della Royal Navy e quindi consentito la glorie dell’Inghilterra. Racconta come ha abbellito i giardini delle ville lariane, ma alla fine della narrazione si lamenta che ora noi moderni l’abbiamo messo nei detersivi anche per pulire… i gabinetti.

Dopo il limone prende la parola la rovere, antica regina dei boschi lariani. I suoi regali sono stati enormi al tempo dei celti e dei romani per le ghiande con cui venivano alimentati i maiali. Non si dimentichi che molti manoscritti sono giunti fino a noi grazie all’inchiostro ottenuto dalle galle formate sulle foglie della rovere. E poi quanti oggetti fatti di rovere, oggi purtroppo sostituiti dalla plastica! La rovere, però, ci è grata perché riusciamo a farla sopravvivere ancora per molti anni, nonostante la sua proverbiale longevità, nelle botti che conservano le fatiche della vite.

La rovere ci parlerà dei grandi bottai del Lario del secolo scorso. Essa ci ricorda ancora che alla sua ombra è iniziata la lunga storia delle religioni abramitiche: ebraismo, cristianesimo e islam. Alla fine lancerà un monito indirizzato particolarmente ai nostri politici: vorranno costoro imitare la sua solidità e fedeltà ai propri princìpi, o preferiranno imitare la canna che si piega a ogni soffio di vento?

Sarà poi il turno del fico, della betulla, del noce, del faggio, dell’alloro, del tiglio, del frassino, del pioppo e del larice. Il fico è fiero per aver offerto le sue foglie per i tanga dei nostri progenitori, la betulla ci parla della sua leggiadria, ma anche della sua fortuna come simbolo del potere e della giustizia dei fasci romani e anche, purtroppo, di quelli degli imperialismi del secolo scorso.  Il noce ha una lunga storia e racconterà di quando veniva usato come giocattolo dai piccoli romani e lanciato agli sposi come simbolo di fecondità, ora sostituito dai confetti. Il faggio è molto loquace e vorrà raccontare quanto è stato importante per i nostri antenati. Il frassino ci porta ai miti dei celti, mentre l’alloro alle glorie di Roma, dei dotti “laureati” e al sapore che dona ai nostri misultìn.

Tutte queste piante sono anche orgogliose di parlarci dei pittori che le hanno ritratte in famosi quadri e dei poeti che le hanno cantate: dalla foglia frale di faggio del Leopardi ai pioppi descritti da Antonia Pozzi, dai tigli dei Carmina burana alle betulle di Carlo Del Teglio.

Il libro di Pozzi è arricchito da belle illustrazioni del giovane disegnatore Marco Bartesaghi che aiuteranno a stimolare la fantasia del lettore.

Autobiografia di undici piante è distribuito a Mandello dalla libreria “Aquilario”, a Colico dalla libreria “L’omino d’inchiostro” e a Dervio dall’edicola Rita. Presto lo si potrà trovare anche nelle librerie di Lecco.

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