17 febbraio 2024

"Il bello dell'Orrido". Cristina Ricci sabato 24 a Bellano racconterà Lidia Poët, prima avvocata italiana

Cristina Ricci
 

Nuovo appuntamento della rassegna “Il bello dell’Orrido” sabato 24 febbraio al Cinema di Bellano (ore 18) in compagnia di Cristina Ricci,  che dialogherà con Armando Besio sul libro Lidia Poët. Vita e battaglie della prima avvocata italiana, pioniera dell’emancipazione femminile (Graphot Editrice), romanzo dedicato alla vita della prima avvocata italiana cui è ispirata la serie Netflix “La legge di Lidia Poët”, diretta da Matteo Rovere e Letizia Lamartire e con protagonista Matilda De Angelis.

Cristina Ricci, al suo primo saggio, coniuga con equilibrio un’accurata e minuziosa ricerca sulla vita di una figura fondamentale del nostro secolo con la passione per la storia e il suo impegno per la piena realizzazione dell’emancipazione femminile.

Sulla vita privata di Lidia Poët non si sa molto: di origini valdesi, nasce in una famiglia borghese benestante a Traverse di Perrero, paese della Val Germanasca, regione caratterizzata da gole profonde che ricordano quelle dell’orrido di Bellano, e che ha influenzato molto la sua esistenza e il carattere, da sempre ostinato e ribelle. I luoghi, così come la cultura valdese ricordata quest’anno per la ricorrenza degli 850 anni dalla nascita della Chiesa valdese, sono elementi fondamentali nella formazione di Lidia Poët. “Ero nata per studiare e non ho fatto altro - dice - in un secolo in cui le ragazze si occupavano esclusivamente di trine all’ago e di budini di riso”.

La giovane Lidia studia in Svizzera, laureandosi in Legge a Torino nel 1881, in un’epoca in cui le donne che accedevano agli studi universitari erano considerate una rarità: parla inglese, francese e tedesco, impara il latino da autodidatta e vive una vita piena e intensa, guidata dalla libertà, dedicandosi alla giustizia e impegnandosi intellettualmente su diversi fronti. Nel 1883 il Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Torino accetta la sua iscrizione all’Ordine, rigettata però dalla Corte d’Appello, con questa nota: “Oggi sarebbe disdicevole e brutto vedere le donne discendere nella forense palestra, agitarsi in mezzo allo strepito dei pubblici giudizi, accalorarsi in discussioni che facilmente trasmodano e nelle quali potrebbero essere trattate oltre i limiti che al sesso gentile si conviene osservare”.


Lidia Poët si laurea a 28 anni e dovrà aspettare fino ai 65 anni perché la sua richiesta venga accettata. Nel frattempo, dopo la laurea inizia a lavorare nello studio del fratello, anche lui avvocato, e a partire da quegli anni partecipa a congressi penitenziari internazionali, distinguendosi per le sue posizioni e idee su temi ancora attuali: emancipazione femminile, diritto penale, tutela dei minori, diritto all’istruzione nelle carceri, assistenza ai profughi di guerra. Nel 1919, dopo diversi anni di battaglie nella tutela dei diritti dei più deboli, corona il sogno di iscriversi all’Ordine degli avvocati diventando a tutti gli effetti la prima avvocata d’Italia.

Le vicende della vita professionale di Lidia Poët sono al centro del libro di Cristina Ricci: la sua vita è raccontata attraverso la ricca documentazione sui suoi interventi pubblici: dai congressi penitenziari a quelli femministi di inizio ‘900, dalla sua attività di presidente del Comitato Pro voto per le donne al suo impegno nell’assistenza verso i minori e i profughi di guerra, passando per i suoi frequenti viaggi in tutta Europa. 

Muore a 94 anni a Diano Marina, in Liguria, dove si era trasferita, ed è sepolta a San Martino di Perrero, suo paese natale. La sua è una storia eccezionale, rimasta nascosta per anni ma che ha finalmente trovato nuovi ascolti grazie al libro di Cristina Ricci e alla fortuna della serie Netflix: una prima stagione molto amata dal pubblico, al punto da entrare nella top tre delle serie Netflix più viste al mondo (titolo italiano più visto della stagione) ed essere premiata come “miglior Serie crime” per la sezione “Grandi serie” ai Nastri d’argento 2023.

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