L’attuale segretario generale del Coni si racconta in un’intervista rilasciata alla “Gazzetta dello Sport”. “Giuseppe Moioli - dice - è la persona che ha più inciso nella mia vita di atleta”
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| Carlo Mornati |
(C.Bott.) “Sono cresciuto sul lago. A Mandello Lario il canottaggio era come il calcio in Brasile. E Giuseppe Moioli è la persona che ha più inciso nella mia vita di atleta. Sono cresciuto in simbiosi con lui per tanti anni. Era un esempio e i suoi silenzi valevano più di tante parole, per settimane stavamo senza parlare”.
Carlo Mornati, mandellese, si racconta a 360 gradi e lo fa in un’intervista rilasciata alla Gazzetta dello Sport in cui il segretario generale del Coni, da quest’anno anche segretario generale dei Comitati olimpici europei parla del suo avvicinamento al canottaggio, delle sue vittorie più belle, della sua esperienza in Australia e non soltanto.
Trent’anni fa - era il 1995 - Mornati vinceva a Tampere, in Finlandia, i Mondiali con il “quattro senza”, mentre sono passati esattamente vent’anni dall’argento iridato conquistato nel 2005 in Giappone con l’otto. Del ’94 è invece il titolo mondiale vinto a Indianapolis. “Quell’oro fu inaspettato - spiega Carlo - Era il primo periodo della Nazionale diretta da Giuseppe La Mura, personaggio istrionico, un genialoide, un rivoluzionario. Lui invece ci disse che se lo aspettava, quel trionfo. L’aveva intuito dai riscontri in allenamento. All’inizio c’erano Molea, Leonardo e Dei Rossi, poi subentrò Carboncini. Io facevo il “due senza” ma prima dei Mondiali La Mura mi mise a capovoga del “4 senza” sacrificando il figlio Robert. Ci diceva: “Pensiamo a competere”. E infatti facemmo il record mondiale. Che ripetemmo nel 1995, battendo i mostri sacri inglesi e gli australiani. Un’escalation”.
Alla domanda se quella barca fosse anche un modello tecnico, Mornati risponde: “Dominammo tre anni di fila e sbagliammo soltanto una gara: la finale dei Giochi di Atlanta. Nel ‘96 girò tutto storto, arrivammo scarichi, impreparati a un’esperienza olimpica: tutti i giorni dovevamo fare 90 chilometri alle 5 del mattino. Nonostante tutto ce la giocammo, vincemmo le batterie… Fino ai 1.700 metri rimanemmo in testa, appena ci sorpassò l’Australia andammo in crisi. Erano anni in cui non eravamo abituati a farci sorpassare”.
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| Mornati in una foto dello scorso aprile che lo ritrae con Giuseppe Moioli. |
Poi arrivarono i Giochi del 2000, quelli di Sydney e dell’argento olimpico con il “quattro senza”. “Nel 2000 la Gran Bretagna pur di vincere mise sul “quattro senza” Redgrave e Pinsent - spiega Mornati, che lo scorso anno fu capo missione dell’Italia ai Giochi di Parigi - Perdemmo l’oro per centesimi, ma a volte serve un po’ di fortuna. Ci premiarono per l’argento Samaranch (presidente del Comitato olimpico internazionale dal 1980 al 2001, ndr) e Anna d’Inghilterra… E la mia vita cambiò”.
“Se avessi vinto l’oro - aggiunge Carlo - anziché l’argento mi sarei ritirato, avrei lasciato subito lo sport e oggi farei l’avvocato in uno studio di Lecco. Invece sono 40 anni che sono nello sport. Avrei fatto lo stesso già quattro anni prima…”.
Poi altre vittorie, altre grandi soddisfazioni. “Sono finito sull’otto dal 2000 al 2008, tre argenti di fila dopo 30 anni che non si prendevano medaglie. Avevamo un amalgama anche geografico. C’era Dei Rossi, un triestino fortissimo, c’era l’estro napoletano di Leonardo e Molea, io ero il pragmatico. Studiavo legge alla “Cattolica” ed ero prestato al canottaggio, non era una professione per me. Ero convinto di smettere già dopo Atlanta e la laurea a 23 anni e non avrei immaginato di remare fino a 34 anni”.
Quindi l’esperienza in Australia. “Volevo fare il master all’estero - racconta l’ex canottiere, classe 1972 - ma dissi no a Oxford e a Cambridge che mi fecero una corte spietata. A Sydney mi accolsero da eroe. Ma un eroe che la mattina presto si metteva la barca in spalla e andava ad allenarsi. In Australia il canottaggio è una religione. Il sistema lì è diverso. Mi dovevo arrangiare da solo. Qui gli atleti sono più seguiti, lì si basa sull’organizzazione individuale. Io dalle 5.30 alle 8.30 studiavo, poi mi allenavo alle 9 e alle 17… Anni duri, di lacrime e sudore, vissuti con orgoglio, consapevole di fare uno sport faticoso”.
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| Sydney 2000. Il "quattro senza" di Carlo Mornati argento ai Giochi olimpici australiani. |
Non manca, nell’intervista, un riferimento alla sua famiglia. “Mio figlio Niccolò ha 16 anni e gioca a calcio, Bianca ne ha 14 e gioca a pallavolo - afferma Carlo - Un grande orgoglio è anche mio fratello Niccolò, più giovane di 8 anni. Abbiamo gareggiato in 6 Mondiali e tre volte abbiamo preso l’argento insieme. E’ stato il mio più longevo compagno di barca”.
Infine la domanda sul suo futuro: un giorno sarà presidente del Coni? E la sua risposta: “Oggi ne sono felicemente il segretario. Il Coni è un’istituzione forte e grande che va oltre le persone, ognuno lascia la sua impronta. Con Malagò sono stati anni di grandissimi successi, sono convinto che sarà così anche con Buonfiglio, sull’onda di un’organizzazione complessiva illuminante”.

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