21 luglio 2022

Mandello Lario. Anni Settanta e Ottanta, Nino Lozza assessore e l’“età dell’oro” dei giardini pubblici

In una fotografia d'archivio uno scorcio dei giardini pubblici di Mandello.


Nuova puntata negli appunti di storia dei giardini pubblici di Mandello Lario e della Gera a cura di Luciano Rossi.

Nella precedente puntata si stava parlando dell’impetuoso boom di costruzioni a Mandello Lario, dell’escavazione in Poncia e della tragedia di Luciano Gianola. In quella vivacità edilizia, tuttavia, è il rovescio della medaglia: i giardini ci guadagnarono.

Tra gli assessori sensibili degli anni ’70-80 uno in particolare, Nino Lozza, ebbe un’idea originale: salvare, trapiantandoli ai giardini, gli alberi privati che sarebbero andati perduti con l’avanzata del cemento in paese. Altri ne comprò, sostituendo i pioppi che erano allora prevalenti e dando così all’insieme quella configurazione varia e armonica che tutti ammiriamo.

Del resto Lozza amava la natura, faceva lezioni di botanica ai bambini delle scuole e fondò, insieme all’architetto Ezio Fasoli, la Scuola elementare di comportamento in montagna.

Nino Lozza (al centro, in camicia e pantaloni bianchi) al Palio delle frazioni del 1977.


Camminatore e rocciatore, fu presidente del Cai Grigne e fece parte della squadra di Soccorso alpino. Esperto di mineralogia, raccoglieva rocce e le catalogava: una sua pregevole collezione è tuttora esposta nella sede del Cai Mandello. A casa, come lo descrivono i familiari, era un tipo piuttosto severo che parlava poco, ma era lui che curava i fiori e lo volle fare fino alla morte avvenuta, lui ultranovantenne, nell’aprile del 2020.

I fiori li voleva curati anche ai giardini: vasi con canne di vetro e gerani cadenti, alberi e cespugli che fiorivano in successione nei vari periodi dell’anno, perché ogni stagione avesse i suoi colori… E poi mantenere i prati sempre verdi, le siepi di ligustro e martellina ben regolate, i vialetti in ordine, perché allora c’era un giardiniere responsabile dei giardini e di tutto il verde pubblico di Mandello: prima fu Bortolo di Bellano poi Elios Amati, il quale ha un caro ricordo di Bortolo come di un maestro che gli insegnò i segreti del mestiere.

La raccolta di rocce e minerali di Nino Lozza custodita nella sede del Cai Grigne.


A Elios dava una mano persino la mamma Emilia che, nonostante l’avanzare dell’età, ogni giorno andava in giro di sua iniziativa per la Gera a ripulire e raccogliere rifiuti.

Quanto a Lozza, a dire il vero fu anche accusato dagli avversari politici di “gestione privatistica” per certe sue decisioni personali che non passavano dal consiglio comunale, come una potatura degli alberi giudicata eccessiva nel 1980. E l’anno seguente, nel Consiglio in cui si parlava di spese per la manutenzione dei giochi, quando lui sostenne che “faceva più economie con la sua presenza giornaliera ai giardini e la disponibilità volonterosa di alcuni cittadini”, gli fu risposto dall’opposizione che “un ente pubblico rispettabile” non dovrebbe mai assumere e anzi respingere un “tale sistema paternalistico e familiare”.

Comunque la si pensi in proposito, resta il fatto che se volessimo attribuire una "età dell’oro" anche ai giardini dovremmo probabilmente risalire proprio a quegli anni. Mancava, come abbiamo detto, soltanto la Poncia. Quando, dopo non molto, sarebbe arrivata anche questa a completarli, ho l’impressione che la Gera abbia concluso un ciclo e che più di così non potesse fare.

Luciano Maria Rossi

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