21 gennaio 2021

“Cesare Maestri disse di me a Campiglio: E’ tra i più forti alpinisti, come lui ce ne sono pochi”

Mariolino Conti svela un aneddoto che si lega al “ragno delle Dolomiti” scomparso due giorni fa. “Pochi anni prima avevo salito il Cerro Torre e lui mi chiamò sul palco insieme a Riccardo Cassin”

Mariolino Conti


di Claudio Bottagisi

“Ho conosciuto Cesare Maestri negli anni Settanta e ho sempre avuto grande stima nei suoi riguardi, peraltro ricambiata. Tutti dobbiamo essere consapevoli che se n’è andato, con lui, un pezzo di storia dell’alpinismo. Viveva a Madonna di Campiglio, dove aveva anche aperto un suo negozio, e ogni qualvolta mi capitava di passare da quelle parti non mancavo di fermarmi e di andarlo a trovare, fosse anche semplicemente per un saluto, sempre molto cordiale. Sì, di lui conserverò per sempre un bel ricordo”.

Mariolino Conti, classe 1944, uno dei grandi protagonisti nel 1974 della leggendaria conquista della Ovest del Cerro Torre, guida alpina capace di scrivere tante altre pagine importanti della storia dell’alpinismo e dei Ragni della Grignetta (fa parte dei mitici “maglioni rossi” dal ’64 e ha all’attivo varie spedizioni extraeuropee, tra le altre in Himalaya, in Perù e in Algeria, oltre che in Patagonia), “racconta” con parole sincere il “ragno delle Dolomiti” morto martedì 19 gennaio all’età di 91 anni.

Svela anche un significativo aneddoto che si lega appunto a Maestri e al loro incontro. Risale alla seconda metà degli anni Settanta e al campeggio dei Ragni che veniva organizzato ogni estate. “Eravamo a Pinzolo - dice - e con noi c’era anche Cassin. Un giorno decidemmo con Riccardo di andare ad arrampicare alle Dolomiti di Brenta e fermandoci a un rifugio incontrammo casualmente Maestri, che era presidente delle guide alpine di Campiglio e che naturalmente già conosceva Cassin. Fu proprio il Riccardo a presentarmi e lui si complimentò per l’impresa di pochi anni prima al Cerro Torre”.

Cesare Maestri


“Ci disse poi che quella stessa sera, come ogni Ferragosto - continua Conti - ci sarebbe stata a Campiglio la tradizionale festa delle guide e insistette per averci con lui a quell’evento. Ci andammo, infatti, e a sorpresa chiamò sul palco sia me sia Cassin. Presentò il Riccardo, poi di me disse in pubblico che ero uno tra i più forti alpinisti d’Italia. “E come lui - aggiunse - ce ne sono pochi”. Rimasi stupito per quelle sue parole, che peraltro non ho più dimenticato”.

“Rividi Cesare Maestri nel ’99 a Lecco in occasione della festa organizzata in città per i 90 anni del grande Cassin - ricorda sempre il Ragno della Grignetta - e anche in quell’occasione “rividi” idealmente, dentro di me, quella serata di tanti anni prima a Campiglio”.

Il nome di Mariolino Conti si lega, si è detto, all’impresa del ’74 al Cerro Torre, quando con lui a raggiungere la vetta dopo aver sfidato e vinto la furia del vento e la morsa del gelo furono Casimiro Ferrari, Pino Negri e Daniele Chiappa. Non è dunque casuale accostare il suo nome a quello di Maestri.

I partecipanti alla spedizione extraeuropea del 1974 al Cerro Torre.

 

Nel corso degli anni importanti nomi dell’alpinismo - su tutti, Reinhold Messner - non hanno infatti mancato di contestare la conquista da parte proprio dello scalatore trentino della vetta del Torre in occasione della spedizione del 1959 lungo la parete nord con Toni Egger (morto durante la discesa travolto da una valanga) e Cesarino Fava. Senza alcuna documentazione fotografica, molti non credettero che Maestri avesse raggiunto la cima (Fava era rimasto al campo base).

Anche la successiva spedizione di Maestri alla sud-est di quella montagna delle Ande patagoniche, datata 1970, fu accompagnata da polemiche legate all’utilizzo da parte dell’alpinista di oltre 300 chiodi a espansione piantati nella roccia grazie a un compressore.

Il Cerro Torre


Ma quando il mondo dell’alpinismo tornò a discutere di quell’ascensione per la decisione di rimuovere i chiodi lasciati da Maestri, Mariolino Conti non esitò, con la franchezza che lo contraddistingue, a dirsi “assolutamente contrario” a quella scelta. “Una via aperta nel 1970, quando neppure esisteva El Chalten e la Patagonia non era accessibile come oggi - scrisse anni fa - merita comunque rispetto per il suo valore storico. Quella via resta infatti, assieme alle polemiche e alle pagine di letteratura che la stessa ha ispirato, un pezzo di storia rappresentativa dell’alpinismo di quegli anni”.

“Cesare Maestri nel ’70 ha messo chiodi a pressione - aggiungeva - ma altri non sono stati da meno... Chiodi e soste di Maestri sono stati usati da tutti. La certezza di una rapida via di discesa ha consentito a molti di giocarsela fino all’ultimo, così come altri hanno usato gli ultimi tratti per concludere le nuove linee”.

“Certamente sulle Alpi - concludeva - queste vie simbolo di un alpinismo scomparso sono state vissute diversamente. Le vie di Maestri e non solo sono state salite in libera, ma nessuno si è mai arrogato il diritto di cancellarne il valore storico rimuovendo la chiodatura originaria”.

Parola di Mariolino Conti, per dirla con Cesare Maestri “uno tra i più forti alpinisti d’Italia”.

Nessun commento:

Posta un commento