16 marzo 2023

Festa del papà sì, festa del papà no. “Indispensabile una politica scolastica adeguata e consapevole”

La ex docente mandellese Adriana Lafranconi: "Una scuola flessibile, capace di rispondere alle diverse esigenze dei suoi utenti, richiede certamente insegnanti competenti, ma non soltanto"
 

Innanzitutto i fatti. A pochi giorni dalla festa del papà organizzata in una scuola dell’infanzia statale di Viareggio cinque o sei genitori lamentano con la dirigente scolastica che quella progettata è “un’esperienza discriminatoria” perché i loro bambini, che non hanno il padre, nel contempo sarebbero stati mandati a svolgere un’altra attività. Risultato, la festa viene annullata.

Come è facile intuire, si scatenano le polemiche fra chi concorda con la decisione della dirigente scolastica e chi la contesta. Da una parte la sottolineatura, a partire dalla dirigente stessa, che non esiste più una famiglia modello e che è quindi opportuno organizzare diversamente e con modalità differenti questa festa, così che vi possano partecipare tutti i bambini, accompagnati dal papà e dalla mamma, oppure da un nonno o da uno zio.
Abbiamo chiesto cosa ne pensa al riguardo Adriana Lafranconi, mandellese, ex insegnante e cultrice di pedagogia. "Sono al corrente dell’accaduto - dice - e la prima domanda che mi sono posta di fronte alla nuova modalità proposta per l’organizzazione della festa è stata: in tal caso come la chiamiamo? Festa della famiglia? Ma a quel punto siamo sicuri che non ci sia qualche altro genitore pronto a insorgere contro un’esperienza così definita?  Il nichilista, si sa, è sempre dietro l’angolo". 
"Dall’altra - aggiunge - una rosa di motivazioni differenti. C’è chi sottolinea che l’annullamento della festa abbia penalizzato i papà che si erano organizzati per essere presenti, tra i quali anche padri separati. C’è chi fa presente che è stata negata la possibilità di stare di più con i propri figli ai papà che per lavoro non hanno molto tempo da passare con loro, come se costoro non potessero scegliere di ritagliarsi uno spazio a ciò dedicato indipendentemente dalle proposte della scuola. E poi c’è chi fa enfasi sul rischio, per il futuro, di annullare altre feste che coinvolgono le famiglie, per il rispetto delle minoranze, esattamente come accaduto in occasione del Natale".
Sarebbe però opportuno anche pensare ai bambini…
“Certamente sì. Fortunatamente, infatti, c’è qualcuno che pensa ai piccoli e al loro disorientamento di fronte a una festa, indiscussa fino al giorno prima e improvvisamente annullata, e auspica la ricerca della composizione, dell’armonia. A loro, e non soltanto a loro, pensa ad esempio Massimo Gramellini che nel suo Caffè di mercoledì 15 marzo sul Corriere della Sera a proposito di questo fatto di cronaca scrive: “Il movente è nobile, l’esito rovesciato: per non far soffrire i bambini senza padre si fanno soffrire quelli che volevano trascorrere qualche ora in classe con i padri. Si obietterà che la sofferenza dei secondi non è paragonabile a quella dei primi. Però, a forza di eliminare ogni cosa che possa anche solo lontanamente far soffrire qualcuno, si finisce per far soffrire un po’ tutti e per non lasciare in piedi più nulla. Nessuna festa, opera d’arte, memoria storica. Mi spaventa chi pretende di applicare alla vita quel principio di unanimità che ha ridotto all’immobilismo le istituzioni (…). La condizione umana è fin dall’infanzia una mescolanza di piaceri e sofferenze che andrebbe spiegata e accompagnata più che rimossa a colpi di divieti”. Un’affermazione toccante, quella di Gramellini, che non tralascia una nota autobiografica, ricordando che se anche la sua maestra aveva inteso proteggerlo dal dolore per la perdita della mamma, strappando dal libro di lettura tutte le pagine dedicate a questa figura, all’uscita da scuola lo aspettava comunque la sua sofferenza, perché era l’unico a non avere la mamma ad aspettarlo”.
Siamo allora un po’ alle solite e cioè che quel che più conta sarebbe poter fare affidamento su docenti validi e preparati?
“Sulla necessità della spiegazione della complessità della vita in generale e della famiglia in particolare ci sono in effetti altre voci che sottolineano come ciò richieda maestri capaci, pazienti e competenti. Che in quanto tali, aggiungo io, dovrebbero cominciare a far capire che non esistono “bambini senza papà” e che le cose vanno chiamate con il loro nome. A me pare che fra tutte le voci sia passato abbastanza sotto silenzio un dato che è invece a mio parere sostanziale: se i bambini “senza papà” vengono mandati a fare un’altra attività mentre i compagni “con papà” festeggiano, significa che la festa è stata organizzata durante l’orario scolastico. Fin dalla programmazione, conoscendo la realtà delle famiglie di quella scuola, non era proprio possibile pensare a una sua diversa collocazione oraria, oltre la consueta giornata scolastica? Diverso è mandare pochi bambini di una sezione a fare altro rispetto a chiudere come solito la giornata scolastica per tutti, con la possibilità per gli interessati di ritrovarsi per festeggiare in un altro orario, di tardo pomeriggio, o nella mattinata del sabato. Dirigere una scuola è complesso, ma è abbastanza triste constatare che la dirigente scolastica in questione abbia dovuto aspettare le rimostranze di un manipolo di genitori per accorgersi che qualcosa nell’organizzazione non era andato per il verso giusto e per annullare ciò che prima era stato progettato”.
E se invece la dirigente aveva visto questo limite ma non aveva trovato insegnanti disposti a un’attività oltre l’orario? O se i maestri erano disponibili a questa flessibilità, ma non c’erano i fondi per riconoscerla sul piano economico?
“E’ un dato di fatto che, come dice proprio la dirigente scolastica, la famiglia odierna non sia più quella di 50 anni fa. E’ consapevolezza di tutti che il contesto scolastico sia oggi molto più eterogeneo di un tempo. Come si può allora pensare di rispondere a questa diversificazione dell’utenza con proposte sostanzialmente imperniate sull’uniformità, corretta appena appena con qualche azione di maquillage? Ma una scuola flessibile, capace di rispondere alle diverse esigenze dei suoi utenti, richiede non soltanto maestri competenti, ma una politica scolastica che davvero sostenga la differenziazione delle proposte. Se alla politica non si chiede questo investimento, allora siamo di fronte a un’opinione che discute su un problema certamente significativo ma senza collocarlo in una prospettiva di sistema. Questo dovrebbero ben saperlo proprio i politici, che anche in questa occasione hanno cavalcato l’onda della tradizione o, di contro, quella della fluidità”.
Un altro limite del dibattito scaturito da questo episodio di cronaca sta nel fatto che non si sia entrati nel merito del contenuto della festa...
“Celebrare la festa del papà a scuola ha senso se non si cade nella prospettiva consumistica che nell’extrascuola la caratterizza, se si ricerca uno spessore culturale contro la banalizzazione imperante in molti blog di insegnanti: proposte che riducono questa festa ad attività eterodirette, uniformi, che non sollecitano né la creatività né il pensiero riflessivo del bambino. A queste condizioni, anche le migliori riflessioni sul problema posto dalla cronaca finirebbero per essere fiato sprecato. Ma questo è un altro discorso”.

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