06 maggio 2025

Massimo Gilardoni ricorda “el Muiöo”: “Quella chiacchierata con il vescovo e la sua fede genuina”

Giuseppe Moioli nel 2012 con il vescovo Diego Coletti e il parroco di Olcio, don Mario Tamola.

E’ di Olcio, la frazione mandellese dove ha sempre abitato anche Giuseppe Moioli. E ora Massimo Gilardoni, da oltre trent’anni organista al “Sacro Cuore”, così ricorda l’amico “Muiöo”:

“Da ieri in molti stanno rendendo omaggio a un “mito” come “el Muiöo”, come lo si è sempre chiamato in paese. Anch’io ho alcuni ricordi di quest’ uomo di cui sono stato da sempre vicino di casa, una distanza di un centinaio di metri. Negli ultimi tempi lo vedevo sulla sua terrazza a prendere il sole o capitava che scambiassimo qualche parola dalla strada, ovviamente urlando perché, come noto, lui non sentiva molto, anzi veramente poco: la sua presenza in casa, in particolare la sera, era testimoniata dal volume alto della Tv.

Vederlo passare in moto per raggiungere i suoi animali in collina era un appuntamento quotidiano e finché ha potuto lo ha fatto appunto giornalmente. Ricordo, nel 2012, quando arrivò l’allora vescovo di Como Diego Coletti per la visita pastorale a Olcio che il parroco e il vescovo stesso passarono sotto casa mia e io, in strada, mi intrattenni qualche minuto a parlare con loro. Nel frattempo arrivò lui, Moioli, in sella alla sua moto, ovviamente senza casco e con il “tagliaerba a filo” a tracolla: lo presentai al vescovo descrivendolo come un mito, un campione. Lui raccontò le vittorie che aveva conseguito, la sua passione per il canottaggio e i papi che ebbe la fortuna di incontrare in Vaticano durante le occasioni ufficiali proprio grazie alle sue vittorie.

Nel congedarlo, il vescovo Diego gli disse: “Mi raccomando, non vada nei pericoli”. Io, simpaticamente, feci un sorriso perché vederlo con un arnese del genere a tracolla, senza il casco, non era il massimo della sicurezza, ma lui affrontava anche in modo un po’ “incosciente” questi rischi del “mestiere”, cioè del contadino.

Non mollava mai. Quando fu operato all’anca faceva passeggiate di fronte a casa mia e mi diceva: “Non bisogna mai fermarsi, altrimenti non riparti più”. Uno spirito tenace.

Ma vorrei ricordare un altro lato di Giuseppe Moioli, forse poco conosciuto: il suo rapporto con la fede, con la religione che va al di là dell’uomo di sport, del campione che tutti abbiamo conosciuto: una persona dai sani princìpi che voleva rispettare le tradizioni tramandate dalla sua famiglia e una di questa era “fare Pasqua” (si usava così per dire che era opportuno confessarsi e fare la comunione almeno per Pasqua).

Ebbene, lo ricordo da almeno 25 anni presente alla prima messa del giorno di Pasqua al “Sacro Cuore” a Mandello. Io, come organista, arrivavo mezz’ora prima della messa e lui era lì. Alle 7.30 era lì. Doveva fare la comunione, era un “dovere”, un’esigenza a cui non voleva rinunciare: “fare Pasqua”. Soltanto quest’anno le condizioni di salute gli avevano impedito di venire a Mandello, ma fino all’anno scorso in auto o in bici lui era lì in sacrestia ad aspettare che arrivasse il sacerdote.

Un semplice ricordo che fa trasparire una persona genuina e semplice che viveva una “sua” fede, sì di tradizione ma a cui non voleva rinunciare. Arrivederci, “Muiöo”!

Massimo Gilardoni


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