14 giugno 2022

Mandello. Gli anni del boom economico e il chiosco dei giardini pubblici gestito dal “Berto”

Il chiosco ai giardini pubblici gestito dal "Berto".

 

Un’altra puntata della storia della zona a lago di Mandello Lario curata da Luciano Rossi. Questa volta si parla degli anni del boom e del chiosco dei giardini pubblici.

L’Italia è ormai lanciata. Qualche storico chiama il venticinquennio successivo ai primi anni del dopoguerra “l’età dell’oro”, in cui la nostra società conosce uno sviluppo economico mai visto prima. Crescono la riproduzione industriale, i posti di lavoro, i profitti, i salari e di conseguenza l’offerta e la domanda di beni e servizi. Ci si avvia insomma alla società dei consumi, che trascinerà nel cambiamento tutto il nostro modo di vivere, di relazionarci e di pensare. Nel bene e nel meno bene stiamo diventando “moderni”.

Anche Mandello cambia aspetto. I residenti, da poco più di 5.000 prima della guerra, diventeranno 9.500 nel 1971, accompagnati da uno sviluppo edilizio tumultuoso e disordinato e dalla scomparsa di ogni interesse per le attività agricole, oppure legate alla roggia e ai mulini (con l’affrettata demolizione di tutte le ruote!), a favore di quelle neo-industriali e commerciali.

Basta confrontare una foto di una volta con una di oggi per cogliere la radicalità della trasformazione, che ingloba persino gran parte dei vecchi nuclei, escluso per fortuna il borgo a lago.

E la Gera? Siamo nella zona fortunata, quella che si è salvata. Qualcosa cambia anche qui e in certi casi in modo significativo: vedi il lido sull’altra sponda, o i giochi per i bambini. Altri, invece, sono interventi di minor conto, ma nel complesso danno l’idea, tra spinte e resistenze, di un quadro in movimento che cerca una nuova stabilità.

Mandello Lario prima del boom economico... (per g.c. Bruno Lafranconi)


Abbiamo già detto del mercato, trasformato in bimensile. E una decina d’anni dopo, nel ’57, cambierà anche di dimensioni, estendendosi fino a comprendere tutta l’attuale via Medaglie olimpiche mandellesi. Pochi metri più in là, ai giardini, era in funzione nella stagione estiva un modestissimo chiosco comunale, che già nel ’49 Dante Castelletti aveva preso in affitto per un quinquennio e che l’anno dopo avrebbe avuto intenzione di ampliare e abbellire a sue spese, intervenendo sulla parte muraria e aggiungendo tutt’attorno un pergolato con i rampicanti per ombreggiare i tavolini.

Come “ricompensa”, aveva chiesto che il Comune glielo concedesse gratis per altri cinque anni, “essendo questo un lavoro che dovrebbe rendere più belli e attraenti i giardini pubblici di Mandello”.

Il Comune, però, non si mostrerà interessato e il chiosco resterà invariato, così che nel ’58 sarà la Pro Mandello a farsi avanti per chiederne la gestione estiva, affermando che ha allo studio “l’eventualità di costruire un bar moderno, degno di questa rinomata cittadina”.

Il sindaco risponde che valuterà la domanda l’anno successivo, essendoci già una concessione in corso. Di fatto il chiosco rimarrà tale e quale sotto altri gestori, tra cui il famoso “Berto”, che lo resse per quasi mezzo secolo, fino al 2008, due anni prima di morire.

...e uno scorcio del paese dopo gli anni del boom.


“Berto” a Mandello fu un personaggio: educazione d’altri tempi, dedizione al lavoro, spirito innovativo. Con lui il chiosco dei giardini cominciò a restare aperto tutto l’anno, dal mattino alla sera, Natale e Capodanno compresi: si concedeva solo un paio d’ore per il pranzo a casa, poi via di ritorno.

Amabile con tutti, non voleva far aspettare nessuno: mandellesi, turisti, guzzisti italiani e stranieri, tedeschi in particolare. Ma lo troviamo anche sulla riva destra, dove intanto, come vedremo, era sorto il lido, che veniva dato in concessione insieme al chiosco e che lui diresse con la moglie dagli anni ’60 al 1979. Qui introdusse i primi jukebox, una piccola pista per le automobiline a batteria, i bagnini patentati. Aperto d’estate solitamente a ingresso libero, oppure in certi periodi a pagamento la domenica.

E prima ancora, da subito dopo la guerra nel ’46 poi per una quarantina d’anni, gestì anche il bar Centrale in paese. Era il tempo in cui molti operai arrivavano il mattino presto dalla sponda di Onno in battello o spingendo la barca a remi e il "Berto" (ma sì, riveliamo il nome completo, Bartolomeo Lafranconi), sveglia alle 4.30, era lì ad aspettarli.

Del resto era figlio d’arte: il padre Simone, che lui aiutava già da piccolo, aveva l’omonimo bar con negozio di alimentari a Rongio, e certe vocazioni si ereditano.

Luciano Maria Rossi

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