18 giugno 2022

Mandello. Quella fontana ai giardini pubblici con la cicogna e le rane da cui fuoriuscivano getti d’acqua



Un’altra interessante tappa nel dettagliato racconto, a cura di Luciano Rossi, relativo alla storia dei giardini pubblici e della zona a lago di Mandello Lario. Al centro della “puntata”  vi sono in particolare la fontana, il chiosco (anzi, i chioschi), lo scivolo del porto e la darsena Falck.

Si stava parlando del “Berto” e l’ultimo episodio che lo riguarda ci riporta ai tempi della Resistenza, quando lui - ventenne - portava di nascosto alimenti ai partigiani sulla montagna sopra Mandello. Catturato, fu portato in carcere a Bellano dove rischiò la tortura. Per fortuna in suo favore si mosse Carlo Guzzi in persona, che l’aveva avuto come operaio da ragazzo. Andò a parlare con i tedeschi e riuscì a ottenerne la liberazione.

La scena finale li vede tornare insieme a Mandello sulla stessa moto, Guzzi alla guida e il “Berto” dietro. In seguito, arrivò anche una lettera di encomio del generale Alexander, capo delle forze armate alleate.

Sul chiosco così com’era ci furono però anche voci contrarie. Ad esempio nell’aprile 1980, con sindaco Elio Panzeri, mentre se ne discuteva la gestione per i successivi cinque anni un consigliere di opposizione disse che “il chiosco è una cosa da abbattere” perché “sono trent’anni che è lì e le esigenze di allora non sono le esigenze di adesso”. “I giardini - aggiungeva - si sono abbelliti e sono molto più frequentati, il servizio non è più adeguato” e quindi “si può dare un colpetto anche a quella specie di gabbiotto”.

Il Consiglio, però, deliberò di procedere con l’appalto, separandolo per la prima volta da quello del lido cui prima era unito e fissando una base d’asta di 500.000 lire annue (per il lido, come vedremo, 4.000.000 ma con ingresso a pagamento).



Torniamo ai chioschi degli anni ’50. C’erano anche quelli temporanei, i “posteggi con banco in legno”. Guido Bolis, “di professione ambulante”, domanda nel ’53 l’autorizzazione di sistemarne uno “nelle vicinanze dei giardini” in piazza Gera “come pei decorsi anni, per la vendita al minuto di angurie e meloni”, cui l’anno dopo aggiungerà noci di cocco e dolciumi e chiederà “una speciale autorizzazione per la vendita di granite”.

Un altro, con altra gestione, trovava posto nella piazza dell’Imbarcadero, tra il pontile e la gradinata delle lavandaie sulla sinistra.

Una consuetudine del Comune, ancora nell’ambito dei giardini, era quella di dare in concessione, presumiamo annuale e per utilizzo privato, la spiaggia presso la darsena Falck. Nel ’51 ci sono tre concorrenti: Zelioli, Barro Raffel e Eredi del senatore Falck, per i quali però si trattava di un rinnovo. Questi ultimi erano i tre figli di Giorgio Enrico, scomparso nel ’47. Il maggiore dei fratelli, Enrico, a sua volta senatore democristiano, morirà prematuramente nel ’53.

"Berto" Lafranconi (primo a sinistra) davanti al chiosco dei giardini in occasione di una esondazione.


Poi la fontana, quella che Vincenzo Zucchi avrebbe voluto col risparmio dell’acqua all’ingresso dei giardini. Ne arriverà invece un’altra, comunque bella e gratis, e verrà messa di sfondo al vialetto centrale, con indovinato effetto scenografico.

Sarà un dono dei Carcano, che prima l’avevano nel giardino di Villa Josephine, quella in stile liberty presso la rotonda della stazione, da loro acquistata e in seguito, dopo la morte di Ercole nel 1956, divenuta sede della omonima Fondazione.

La fontana ha sempre esercitato un forte richiamo, non solo sui bambini. Sarebbe interessante saperne di più, ad esempio chi l’abbia costruita e quando, o sui tanti abbellimenti che l’hanno ornata e che molti ci hanno ricordato: la cicogna, le rane di sasso da cui fuoriuscivano getti d’acqua, le ninfee, i pesci rossi, i fiori nella nicchia... o ancora esistenti come la statuetta della Madonna e le piastrelle smaltate all’esterno della vasca, tra cui una con il simbolo della famiglia Carcano.

Un altro intervento attuato in Gera riguarda il porto, che nel 1964 si completa con una nuova opera, tuttora utilizzata per barche e motoscafi. Qui ritroviamo l’Amministrazione eredi Falck, vista poco sopra e in questo caso benemerita, che chiede al Comune il nulla osta per la costruzione a proprie spese di uno scivolo in cemento “che faciliti la messa in acqua e il recupero delle barche” e che poi resterà di proprietà comunale.

Il "Gino della vigna" sul suo motocarro Ercole.


Il sindaco Zucchi è subito d’accordo e anzi l’anno dopo, a lavoro compiuto, si rivolge ancora ai Falck per trovare una gru, anche usata, “della portata di 2-3 tonnellate”, che integri l’opera, in quanto i natanti che affluiscono alla sponda sono sempre più numerosi e “non tutti, specialmente quelli più pesanti, possono fruire dello scivolo”.

Si parlerà poi di un paranco elettrico da 3 tonnellate “completo di carrello, a comando manuale, per la traslazione”, ma non sappiamo se sia mai stato installato.

Un dubbio diverso riguarda l’accesso alla darsena, per cui i Falck utilizzavano il relativo vialetto anche in auto, se avevano da caricare o scaricare qualcosa. Forse godevano di una servitù di passaggio per raggiungerla più comodamente. Una curiosità in proposito: ci è stato riferito che il loro grosso motoscafo, quando volevano usarlo, era guidato dal “Gino della vigna”, un personaggio tuttofare molto noto a Mandello, che abitava nella fattoria con stalla e fienile in via Maestri Comacini, vicino alla Madonna del Fiume.

La fattoria era in precedenza dei Falck, dei quali Gino continuava a curare la proprietà, appunto la “vigna”, e la darsena. Inoltre lavorava come muratore e faceva trasporti su e giù dalla Gera, prima con carri e cavalli forniti da Bonacina poi con il motocarro. E in più accudiva le sue mucche, da cui ricavava latte e burro.

Luciano Maria Rossi

 

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