Il mandellese don Marco Nogara all’omelìa: “Ha dimostrato che vivere per gli altri è possibile, che si può mettere la propria sapienza a beneficio della comunità”
(C.Bott.) L’ultimo saluto, sul sagrato della parrocchiale del “Sacro Cuore”, è di un portacolori della Canottieri Moltrasio. Si avvicina alla bara appena collocata dentro il carro funebre e con il gagliardetto sociale “accarezza” il feretro. Giuseppe Moioli, “maestro, campione e maestro di campioni”, da oggi riposa nel cimitero della “sua” Olcio. Ma il suo ricordo vivrà. Per sempre.
E’ don Marco Nogara, mandellese, a parlare all’omelìa proprio di ricordi e di relazioni, che si intrecciano e che rimarranno a “raccontare” questa autentica leggenda del canottaggio italiano. “Oggi dobbiamo ringraziare il Signore per averci donato una guida preziosa per intere generazioni - dice il sacerdote - un uomo semplice, concreto, umile, profondamente radicato nella sua terra”. “E’ la parola di Dio ad aiutarci a leggere l’eredità che Moioli ci ha lasciato - aggiunge don Marco - nella consapevolezza che quella offerta da lui è stata una testimonianza autentica. E’ stato detto che per lui il canottaggio non era soltanto un grande amore ma una vocazione. Sì, lui ha fatto vedere che vivere per gli altri è possibile, che si può mettere la propria sapienza a beneficio della comunità”.
Cita papa Francesco e papa Giovanni Paolo II, don Marco, e parla della forza morale che può derivare dall’attività sportiva. Poi della meta finale già raggiunta da Moioli, “una ideale regata in cui tutti possono essere vincitori”. Prima di un’ultima metafora sportiva: “Il premio di Gesù per noi è una corona che non appassisce e dura in eterno”.
Il rito funebre è preghiera. E quella del canottiere la legge Costantino De Pellegrin affiancato da Ivo Stefanoni, un altro grande del canottaggio e della “Moto Guzzi”, oro ai Giochi olimpici di Melbourne 1956.
“Sarà triste non vederti più ed è tristissimo avere perso il punto di riferimento di tanti nostri ragazzi - dice Antonio Gaddi, presidente della Canottieri Guzzi - Lui sapeva incoraggiare e sapeva correggere, ma senza mai umiliare”. Piero Poli, oro alle Olimpiadi di Seul nel 1988 e amico, grande amico di Moioli, riesce a dire: “Quello che più mi dispiace è non aver dato neppure il 10 per cento di ciò che lui ha dato a me. Il suo era il linguaggio del tecnico, del grande allenatore e per questo tutti lo capivano”. Guarda la bara appena sotto i gradini che portano all’altare, Poli. E conclude: “Adesso sono certo che starai già allenando gli angeli”.
“Grazie per tutto quello che hai fatto - dice Riccardo Fasoli, sindaco di Mandello ed ex atleta, rivolgendosi direttamente a Moioli - Ci hai arruolati tutti nella tua amata Canottieri. Eri una persona schietta e diretta e non hai mai smesso di darti obiettivi”. “La tua vocazione per il canottaggio - conclude - è il lascito più grande per tutti noi. Saludi, Muiöo! Ti salutavo così e adesso sarà difficile non dirtelo più”.
Prima della fine delle esequie - accompagnate dalle musiche eseguite all’organo da Massimo Gilardoni, al flauto traverso da Emanuela Milani e al violino da Ares Midiri - Elio Cantoni, poeta dialettale olcese, legge una sua composizione dedicata al grande Moioli. Il canto Amici miei accompagna l’uscita del feretro dalla chiesa. Sale alto l’applauso. E qualcuno non riesce a trattenere una lacrima.
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