24 novembre 2021

E' il trentennale della morte di Mercury. Scrive da Trieste: “Grazie Freddie, tu hai cambiato il mondo”


 

In più di un’occasione ci ha inviato da Trieste la sua testimonianza su eventi e comunque su “scadenze” legate a quello che è da sempre un po’ il suo mondo: quello della motocicletta e, più ancora, della Moto Guzzi. Oggi, nel trentennale della scomparsa di Freddie Mercury, Matteo Lenarduzzi interviene proprio per ricordare il leggendario cantautore, compositore e musicista britannico, storico leader dei Queen.

In questi giorni il mondo della musica ricorda Freddie Mercury, scomparso 30 anni fa. Ricordo che fin dall’inizio i Queen hanno sempre avuto la stampa, specie quella inglese, contro. Ogni loro successo, eccesso o difetto veniva pubblicato sui giornali, esaminato al microscopio e “condito” con disprezzo.

Freddie non tollerava questo accanimento, durato fino agli ultimi giorni della sua malattia. I Queen erano diversi da ogni altra band, quasi impossibile da etichettare. Molte delle loro canzoni sono divenute inni. Ricordo il trionfo al “Live Aid” del 1985, dove un già malato Mercury in 10 minuti di puro spettacolo artistico dimostrò a tutti che quel giorno i Queen erano la migliore band al mondo e tutti i rocker lo ammisero e si inchinarono alla regina.

Molti li odiavano, altri ne erano invidiosi. I media non li volevano, ma tutti conoscevano le parole dei loro testi e tutti sapevano le loro canzoni.

Una voce unica, che fa sentire ancora oggi l’enorme, immenso vuoto che ha lasciato nella storia e nel mondo della musica e, dopo trent’anni, fa ancora male parlare della morte di Freddie ma la sua voce e le sue canzoni vivranno per sempre nelle generazioni a seguire, perché uno che da un palco muove a comando 80.000 persone che battono le mani come un fiume in piena al ritmo di “we will rock you” non lo dimentichi facilmente.

Non ultimo va ricordato che lui fu una delle prime star ad ammalarsi di Aids e lottò da solo contro una malattia sconosciuta e contro un mondo, in quel periodo omofobo e maschilista, dove il solo pronunciare la parola “gay” bastava per essere messo all’indice. Troppo spesso questo non viene ricordato.

Dissero i giornali che in fondo “se l’era cercata”. Gli amici più fedeli di Freddie, dopo i Queen, erano i suoi gatti e ciò fa capire in quel determinato periodo storico quanto fosse solo l’uomo Freddie Mercury.

Ma alla fine, anche se la morte lo ha sopraffatto, Freddie ha vinto contro gli stereotipi maschilisti e su tutto quello che rappresenta “il diverso”.

Se il mondo è anche sessualmente più libero oggi, se il mondo gay può emergere alla luce del sole, beh, dobbiamo ringraziare un certo Farrokh Bulsara, in arte Freddie Mercury, un grande in tutti i sensi. Lui ha cambiato il mondo.

Matteo Lenarduzzi - Trieste 

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