10 luglio 2020

Dervio, Dorio e la Valvarrone: “Quel sacerdote è entrato nei nostri cuori, dobbiamo aiutarlo”

Padre Battista Brugali scrive dall’Ecuador: “Qui la situazione è tragica. Il coronavirus corre velocemente e non risparmia nessuno, neppure i poveri”
Padre Battista Brugali
Una drammatica testimonianza dall’Ecuador e un appello carico di umanità. Ce li inviano alcuni cittadini di Dervio, Dorio e della Valvarrone. Ecco il loro testo:
Padre Battista Brugali, per tutti semplicemente don Battista, era partito giovanissimo con l’Operazione Mato Grosso destinazione l’Ecuador. Quasi un’avventura, una vacanza diversa, un’esperienza di poche settimane, inconsapevole che su quella “via di Damasco” Gesù lo stava aspettando. Così da trent’anni è là. Divenuto sacerdote, si è dedicato completamente, semplicemente a quella popolazione.
“Cammino, celebro messa, attendo la gente, la ascolto, rispondo a chi mi chiede, cerco di dar da mangiare a chi ha fame, di dare un tetto a chi non ce l’ha, a chi mi chiede aiuto cerco sempre di dire di sì… Ma non è facile. Per fare questo devo chiedere qualcosa di più a voi per continuare a dire sì a questa gente che chiede, gente che vive nella semplicità, che vive giorno per giorno di quello che la natura offre. I poveri vanno aiutati a essere loro stessi. Non ci sono scuole vicine, molti bambini camminano ore per andare a scuola, non c’è attenzione medica. Sono un po’ buttati là…”.
Nel 2017 a Dervio abbiamo conosciuto questo sacerdote che con schiettezza, con semplicità, con simpatia ha catturato la nostra attenzione, è entrato nei nostri cuori, ha coinvolto le nostre azioni: è vissuto fra noi come se fossimo la sua gente. Ha celebrato nelle nostre chiese, ha benedetto le tombe dei nostri cimiteri, ha parlato con la gente, ha mangiato nelle nostre case, ha pianto i nostri morti, ha camminato sulle nostre montagne, ha solcato le acque del nostro lago.
Dopo un anno è tornato in Ecuador, destinato a una nuova missione ma con gli stessi problemi di povertà, di bisogno. Con semplicità ci ha chiesto di organizzare una campagna per dare acqua potabile a un villaggio. La gente che l’aveva conosciuto ha raccolto in breve tempo qualche migliaio di euro.
Al di là di questo, la sua simpatia e la sua spontaneità sono rimaste vive nei cuori di tutti noi. La sua parrocchia è vastissima a 3-4.000 metri sopra il livello del mare, fra alte montagne, ma lui non si dimentica del nostro lago che l’ha ammaliato, dei visi di tante persone che lo hanno amato. Spesso invia messaggi, ricordi, saluti. Altre volte invia parole che trasudano lacrime per l’incapacità di sopperire alle necessità della sua gente. Con quella dignità che contraddistingue il vero povero non chiede aiuto ma preghiera.
Tuttavia, soprattutto per il coronavirus, la sua parrocchia è tragicamente coinvolta. I giornali e i telegiornali non parlano di questo Paese, ma la lettera che abbiamo ricevuto in questi giorni non lascia dubbi sulla reale situazione. Eccone il testo:
“Ciao, come va? Qui è abbastanza tragica, la situazione. Il virus corre velocemente e non guarda in faccia a nessuno, neanche ai poveri. Per un po’ di tempo si è cercato di tenere chiuse le porte del tutto, ma poi si è dovuto riaprire. Ma era troppo presto. E adesso? Io sono tra il dentro e il fuori, il cuore sicuramente è verso la povera gente che ha tanto bisogno, ma allo stesso tempo mi chiedo come fare.
Vedo il virus entrare nella casa dei poveri, è tremendo. I vecchietti muoiono in casa nella povertà e nella solitudine; la situazione è fuori da controlli sanitari e sociali, ognuno si arrangia come può. Mi sembra che tutto sia tornato alla normalità con il virus che corre in mezzo a questa normalità.
E’ una malattia come un’altra, per la povera gente. Non c’è scelta, si va avanti accettando la morte che bussa alla porta. Non ci sono difese né aiuti. La cosa va avanti, sarà lunga e piena di sofferenza e dolore. Mi commuove vedere come i poveri affrontano il Covid.
Vado nelle comunità a cercare di regalare viveri, la gente ha fame... Vengono a chiedermi, vado intimorito, ma hanno bisogno.
L’altro giorno ero in una piccola comunità a 4.000 metri. Ho consegnato viveri per 40 famiglie. Al ritorno mi sono fermato da una famiglia giovane conosciuta, per salutare e vedere la situazione. I 4 figli appena mi hanno visto mi sono corsi incontro: occhi neri, guance screpolate dal vento, il naso sempre sporco, mi abbracciano, sorridono, sono contenti di avermi visto. Gli chiedo come va, mi dicono bene. Dov’è il papà? E’ andato ad aiutare a raccogliere l’orzo. E la mamma? Si rattristano, mi portano alla loro casa. La mamma è stesa a letto con il Covid. Rimango immobile guardando ciò che i miei occhi vedono. Stesa nella povertà tra il freddo e l’umidità, senza bagno, senza medicine, senza niente. E adesso?
Carissimi, pregate, pregate tanto. Ho molta paura, ma le vostre preghiere ci aiuteranno. Un caro saluto a tutti, vi porto sempre nel mio cuore. Il ricordo è sempre caro”.
Chi lo desidera può fare avere il proprio contributo al negozio di alimentari “Antichi sapori” di Gabriella Bettega a Dorio, oppure a Daniela Dell’Era sempre a  Dorio (cellulare 338-75.65.422), a  Daniele Cassinelli a Dervio (342-50.86.520) (Dervio) e a Giannina Acquistapace (349-43.01.893).
E’ anche possibile effettuare un versamento direttamente sul conto corrente di don Battista (IBAN IT82R0329601601000067192708 - Brugali Battista Banca Fideuram).

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