18 marzo 2021

Un anno fa il Covid, il ricovero poi la guarigione. “E in luglio ero sul ghiacciaio di Fellaria”

Residente a Crebbio di Abbadia Lariana, Roberto Alippi racconta: “Ho ripreso le escursioni, mi sono iscritto all’Avis di Mandello e tra giugno e novembre 2020 ho effettuato sei donazioni di plasma. Ora sono in attesa della settima”

Luglio 2020, Roberto Alippi sul ghiacciaio Fellaria occidentale, in Valmalenco.


di Claudio Bottagisi

18 marzo 2021, è la Giornata nazionale della memoria per le vittime del Covid. Una data non casuale per non dimenticare una tra le pagine più drammatiche della storia recente. Esattamente un anno fa come oggi, nel pieno dell’emergenza sanitaria, si registrò infatti in Italia il numero più alto di decessi e negli occhi di tutti è rimasta “scolpita” un’immagine: quella dei camion dell’Esercito carichi di feretri per le strade deserte della città di Bergamo.

In quegli stessi giorni Roberto Alippi, professione elettricista, residente in frazione Crebbio di Abbadia Lariana, stava per iniziare la battaglia più difficile della sua vita, la sfida a quel coronavirus che pochi giorni prima si era portato via suo padre Rodolfo, alpino e per anni alfiere del gruppo Ana di Mandello.

Era appena passata metà marzo quando per lui iniziò un cammino non privo di ostacoli. E di incognite. La febbre e la tosse persistente, il ricovero in ospedale a Lecco e la diagnosi: polmonite bilaterale. La positività al tampone e il trasferimento in Medicina, con tanto di dispositivo C-Pap in testa, una sorta di casco ermetico in cui viene immesso ossigeno. In totale 24 giorni di ricovero, cui poi si aggiunse un mese di isolamento nella “sua” Crebbio.

“Non potrò mai dimenticare quei giorni e quelle settimane - dice Alippi a un anno di distanza - perché nulla può cancellare quel periodo così difficile della mia vita. Ricordo le lunghe giornate in ospedale, l’impossibilità di ricevere visite e di incontrare i miei familiari, il rumore del C-Pap che mi dava la sensazione di trovarmi dentro una lavatrice, le notti insonni ma anche la disponibilità del personale medico e paramedico del “Manzoni”. Poi il mio primo compagno di stanza, successivamente trasferito in Terapia intensiva per l’aggravarsi delle sue condizioni”.

“Dopo di lui arrivò Angelo - aggiunge Alippi, classe 1966 - un settantenne di Valmadrera le cui condizioni dopo il ricovero andarono via via peggiorando fino alle conseguenze estreme. Sì, ho visto e vissuto tante cose brutte, in quei giorni…”.

Alippi in una foto che lo ritrae con la moglie Piera.


“Una volta tolto il casco - dice sempre il presidente dell’associazione “Quii de Crebi” - per me è iniziata un’altra vita. Potevo alzarmi, riuscivo a telefonare e a fare videochiamate con mia moglie Piera, con i miei figli Daniele e Andrea, con mia sorella Paola e mio fratello Riccardo, con mia mamma Augusta, purtroppo mancata lo scorso mese di agosto. Ecco, tutto questo ha avuto il sapore una vera e propria rinascita”.

Adesso Roberto Alippi sta bene e la malattia non gli ha lasciato conseguenze. “Dopo il mese di forzato isolamento seguito alle tre settimane e mezzo di ricovero in ospedale - afferma - ho subito iniziato a lavorare e gradatamente mi sono riavvicinato alle montagne che tanto amo. Ho ricominciato con le escursioni e dopo tre mesi ho raggiunto il rifugio Elisa e in luglio ero sul ghiacciaio di Fellaria, in Alta Valmalenco, uno tra i maggiori delle Alpi centrali, a oltre 3.000 metri di quota”.

Ritrovare le abitudini di sempre, dunque. Cosa è cambiato, invece, nella vita di Alippi? “Mi sono iscritto all’Avis comunale di Mandello - risponde - e ho iniziato a donare sangue. Così tra giugno e novembre 2020 ho effettuato sei donazioni di plasma e ora sono in attesa della settima. La plasmaferesi consente lo sviluppo dei farmaci cosiddetti plasmaderivati e, oltre ai sali minerali, nel plasma si possono individuare vitamine, glucosio, sostanze insolubili e numerose proteine, compresi i fattori della coagulazione”.

Roberto Alippi in famiglia con la moglie Piera e i figli Daniele e Andrea.


Già, è passato un anno e la pandemia non è ancora alle spalle. Ma cosa prova Roberto Alippi quando sente ogni giorno i numeri dei contagi e quelli di quanti non ce la fanno? “Un grande dolore - risponde - e in me riaffiora la consapevolezza di esserne uscito nel migliore dei modi. Sento molti contestare i nuovi lockdown e sono consapevole che i provvedimenti che ci vengono imposti sono pesanti per tutti sia per quanto riguarda la socialità, perché inevitabilmente ci tolgono spazi di libertà, sia sotto l’aspetto economico, ma qualche sacrificio credo sia indispensabile, così come avere rispetto non soltanto di se stessi ma anche degli altri, indossando sempre la mascherina e mantenendo il giusto distanziamento”.

Insomma un invito esplicito a rispettare regole e normative, “perché altrimenti, come avevo avuto modo di dire nelle lunghe settimane della mia malattia, non se ne esce”. Parola di Roberto Alippi.

Estate 2020: Roberto Alippi al rifugio Elisa.

 

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