15 marzo 2021

Il secolo di vita dell’Aquila. “Quando la Moto Guzzi fece… da madre alla Ducati”

Guzzista doc, Matteo Lenarduzzi scrive da Trieste: “Il capo progettista della Casa di Borgo Panigale ammise più volte di essersi ispirato alla Guzzi bicilindrica 500 2C da competizione”



Il rombo dei motori, le “due ruote” in sfilata davanti alla fabbrica per un copione che si rinnova a Mandello ormai da 18 anni e che, fin dalla prima edizione, ha in particolare in Mario De Marcellis uno dei suoi più convinti ispiratori. Il “canto” della Guzzi e delle sue “creature” alla vigilia del centenario di fondazione della Casa dell’Aquila per una domenica, la seconda di marzo, nel segno dell’Aquila.

L’avviamento dei motori davanti a quel leggendario cancello rosso, pur in tempo di pandemia e di restrizioni, ha suscitato anche ieri emozioni forti tra i numerosi appassionati e tra i guzzisti. Tra questi vi è certamente il triestino Matteo Lenarduzzi, che ci ha inviato le considerazioni che di seguito pubblichiamo:

Nella domenica delle celebrazioni per il centenario della Guzzi, Mandello Lario ha ospitato decine di moto che hanno scritto la storia del motociclismo italico e mondiale, ormai passato ma che ha ancora radici ben salde.

Moto Guzzi è stata pioniera nello sviluppo della motocicletta. Basti pensare alla Normale 500 del 1921 dotata del primo cavalletto e del primo vero telaio dedicato a una moto, alla G.T. 500 del 1928 detta “Norge” (la prima moto Gran turismo che ha aperto la  via al viaggio verso Capo Nord) o alla straordinaria “8 cilindri”, il cui motore risulta il più fotografato al mondo, senza dimenticare la V7 del 1969 che batté ben 19 record mondiali di velocità e con il suo motore trasversale divenuto icona del marchio lariano.

Guzzi per Mandello, che nel dopoguerra seguito al conflitto del ‘15-18 era un paese di pescatori e agricoltori, ha significato lo sviluppo industriale che ancora oggi è il suo fiore all’occhiello, con fabbriche e industrie di rilevanza internazionale.

Lavorare in Guzzi era motivo di vanto per gli operai che godevano di molti vantaggi offerti dalla direzione dell’epoca, che così come la Olivetti rappresentavano l’avanguardia dell’industria italiana degli anni Cinquanta, quella che ha rimesso in piedi l’Italia, soprattutto dopo la seconda guerra mondiale, e dato la possibilità agli italiani di muoversi oltre i confini del proprio comune grazie a una moto leggera, un sidecar o un motocarro Guzzi.



La Moto Guzzi ha avuto insomma un ruolo da protagonista non soltanto nelle corse (ben 3.329 vittorie) ma soprattutto nella storia italiana a livello sociale e di ripresa economica.

Nelle varie interviste ascoltate domenica grazie alla diretta streaming di “Lecco FM” sono emersi molti aneddoti, come ad esempio quello della Fiat 500 con motore Guzzi V7, poi mai commercializzata perché ritenuta troppo veloce o forse perché, più verosimilmente, la Fiat comprese di avere un potenziale concorrente nei motori e decise di troncare il rapporto con Guzzi.

Un altro curioso aneddoto è quello riferito all’ingegner Fabio Taglioni, massimo esperto della sua epoca sul sistema di distribuzione desmodromica e padre del bicilindrico a “L” che per Ducati è divenuto a sua volta il marchio di fabbrica, affettuosamente chiamato “il pompone”.

Taglioni entrò in Ducati nel ‘54 quando aveva 34 anni con il compito di risollevare l’azienda in crisi e sviluppare nuovi motori da competizione e stradali. Divenne capo progettista e fu il padre di tutti i motori della factory di Borgo Panigale fino agli anni Novanta.



L’ingegner Taglioni ammise più volte di essersi ispirato alla Guzzi bicilindrica 500 2C da competizione per sviluppare il motore Ducati. Una moto innovativa per il suo tempo, nata nel 1933 e evoluta sino al ‘51. Una vita longeva, insomma. Fu la moto preferita da Omobono Tenni. Il suo bicilindrico a “L” prevedeva un cilindro orizzontale fronte marcia e uno verticale con un angolo di 120° rispetto al primo.

A questa architettura si accompagnava il vantaggio di avere una moto stretta come un monocilindrico e dal baricentro basso a favore della manovrabilità. I due cilindri presentavano una differente alettatura di raffreddamento studiata per sfruttare al massimo l’aria che investiva i cilindri durante la gara, orizzontale il fronte marcia, circolare il posteriore. Questo motore, nelle sue ultime elaborazioni era capace di 53 Cv a 8000 g/minuto e spingeva la moto - dal peso di 145 chilogrammi - a oltre 210 Km/h, con velocità medie di 200 Km/h. Performance, queste, che le garantirono di essere sempre tra i primi posti in tutte le gare disputate.

Fabio Taglioni osservò bene questo robusto motore e ne prese ispirazione quando progettò per Ducati un bicilindrico a “L” di 90° con distribuzione desmodromica che fu per la prima volta montato sulla Ducati Panth 500 che debuttò nel 1976. Il resto è storia.

Come riferito anche dal giornalista di Motociclismo d’epoca Antonio Cannizzaro durante la kermesse di Mandello “è bello sapere che una parte importante della storia di Ducati prese vita osservando un motore Guzzi, che in un certo senso ha fatto da madre”. E, aggiungo io, di questo il popolo ducatista dovrebbe essere fiero!

Un bellissimo episodio della storia del motociclismo italiano forse poco noto ma che farà  certamente piacere conoscere. E allora buon compleanno, Moto Guzzi!

Matteo Lenarduzzi - Trieste

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