03 aprile 2020

Mandello. Addio, Nino Lozza. La montagna e l’artigianato erano la tua vita!

Avrebbe compiuto 95 anni in agosto. Fu presidente e anima del Cai Grigne e fondò la Secim, la prima scuola di comportamento in montagna in Italia
Nino Lozza
di Claudio Bottagisi
Mandello piange Antonio Lozza, per tutti “Nino”, scomparso questa notte all’età di 94 anni (avrebbe compiuto i 95 il prossimo mese di agosto). Il suo nome si lega al Cai, alla Secim, alla scuola di alpinismo, al Soccorso alpino e al mondo dell’artigianato, senza dimenticare due sue grandi passioni: i minerali e la fotografia.
Il Club alpino e la sezione Grigne gli devono molto, moltissimo. Già, perché del sodalizio mandellese lui è stato per anni il trascinatore e l’organizzatore instancabile. In una parola, l’autentica anima del Cai.
Quello che Nino Lozza ha fatto è ben riassunto in una pagina dell’Antologia alpinistica mandellese data alle stampe nel 1974 in occasione del cinquantesimo di fondazione del Cai Grigne. “Dalla ricostruzione del rifugio Elisa all’impegno per far conoscere a tutti le nostre montagne - vi si legge - dall’esecuzione della segnaletica su tutti i sentieri delle Grigne a propugnatore della scuola di alpinismo “Gino Carugati” e dello Sci Cai Mandello. Ha fondato la prima scuola di comportamento in montagna in Italia per giovani dai 6 ai 12 anni ed è presente da sempre nella squadra di Soccorso alpino. Ricercatore e collezionista di minerali, è assertore intransigente del rispetto dovuto alla natura”.
Poi il lavoro, con la pasticceria gestita per lunghi anni in via Manzoni con competenza, passione e indiscussa professionalità. E il suo impegno a tutela degli interessi degli anziani e dei pensionati di Confartigianato, un ruolo che l’aveva portato anche a ricoprire cariche di responsabilità all’interno dell’Anap, l’associazione che proprio lo scorso anno, con il suo Consiglio maestri d’opera e d’esperienza, gli aveva attribuito un attestato oltremodo meritato e di cui Lozza andava giustamente fiero. Quel riconoscimento, infatti, premiava l’impegno da lui portato avanti per decenni “con perizia, passione, impegno e correttezza professionale”, oltre al talento con cui aveva saputo diffondere l’affermazione del made in Italy.
Nino Lozza in una foto che lo ritrae con Riccardo Cassin.
Ma il nome, la figura e la personalità di Nino Lozza si legano a filo doppio, si è detto, al Cai e al cammino del sodalizio alpinistico mandellese fondato nel 1924 e di cui lui fu presidente dal 1974 al 1978. Fu inizialmente vicecapogruppo della squadra di Soccorso alpino costituita nel ’56 (a guidarla era Tullio Venini) e fu proprio lui, sul finire degli anni Settanta, a ritirare il premio di bontà “Umberto Viettone” assegnato appunto alla squadra di soccorso per l’attività svolta.
Non a caso il Cai occupava un posto prioritario nei ricordi e negli affetti di Lozza. C’erano in particolare una data e un evento impressi nella sua memoria. Era il maggio 1963 e quell’anno il Club Alpino Italiano celebrava il centenario di fondazione.
Per l’occasione la sezione Grigne organizzò un viaggio a Roma che prevedeva un’udienza in Vaticano da Papa Giovanni XXIII ottenuta grazie all’interessamento di don Luigi Bianchi, socio e cappellano del sodalizio, scomparso nel 2015 all’età di 93 anni.
A quella trasferta parteciparono 130 mandellesi. Tra loro vi erano il presidente del Cai Grigne Nilo De Battista (a lui sarebbe subentrato quello stesso anno Ezio Fasoli), l’allora sindaco di Mandello Antonio Tagliaferri, il responsabile delle guide alpine Giovanni Zucchi e lui, Nino Lozza. “Quella - ci raccontò un giorno - fu l’ultima udienza concessa dal pontefice, da tempo malato. Al Santo Padre donammo una piccozza argentata con incisa la scritta “Cai Mandello”. Il Papa la apprezzò e attualmente quella piccozza è custodita presso il museo allestito a Sotto il Monte, nella casa natale di Papa Giovanni”.
E' il maggio 1963. L'udienza in Vaticano da Papa Giovanni XXIII.
“Ricordo che Giovanni XXIII - aggiunse - si rivolse a me, mi mise una mano su una spalla e mi disse di conoscere bene le nostre montagne e in particolare le Grigne. Fu una grande gioia incontrarlo, un’emozione che il tempo non ha cancellato”.
Per Nino Lozza l’ultima soddisfazione, pensando ai suoi legami appunto con il Cai, è soltanto dello scorso fine anno, quando - a 75 anni di distanza dalla sua iscrizione al sodalizio - si vide recapitare una lettera a firma di Vincenzo Torti, presidente generale del Club alpino.
Nella sua missiva Torti scriveva: “Caro Antonio, ho ritenuto che, in questo anno per te particolarmente significativo per l’acquisizione del settantacinquesimo bollino, fosse doveroso, anche da parte del presidente generale, esprimerti la riconoscenza e la stima di tutto il sodalizio per questa tua fedeltà”.
Nino Lozza e la fotografia, un'altra sua grande passione.
“Se è vero, come scrive Italo Calvino, che “le associazioni rendono l’uomo più forte e mettono in risalto le doti migliori delle singole persone” - specificava sempre il presidente - è ancor più vero che a rendere forti le associazioni sono le donne e gli uomini che in esse, con impegno, esprimono entusiasmo e capacità”.
La lettera di Torti così continuava: “Sono certo che questa tua ininterrotta e convinta appartenenza sia stata veramente l’occasione per esprimere le tue doti e ti abbia consentito di affrontare al meglio le circostanze della vita. Una ragione in più per continuare a far parte di questa grande famiglia”. 
Nino Lozza lascia la moglie Titti Lanfranconi, i figli Alberto e Simona e il fratello Giancarlo.

Lozza con la campionessa di sci Claudia Giordani.

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