02 novembre 2021

La scuola oggi. “La rivoluzione digitale inglobi la forza della parola, orale e scritta”

Adriana Lafranconi, mandellese: “I banchi a rotelle mandati in discarica? Purtroppo non è una novità che, a fronte di risorse economiche di cui i dirigenti scolastici denunciano la mancanza, il sistema ne faccia ampio spreco”



Lo scorso mese di settembre Adriana Lafranconi, mandellese, era intervenuta su questo blog sul tema dell’istruzione e della formazione. Ora l’ex insegnante ed ex dirigente scolastico, cultrice di pedagogia presso l’Università degli studi di Bergamo, ci invia questo suo nuovo utile contributo:

Il confronto con ex colleghi che il mio contributo del 29 settembre scorso su questo blog ha permesso, mi sollecita a condividere qualche altra considerazione in tema di istruzione e formazione.

Sta facendo scalpore, in questi giorni, la faccenda di un buon numero di banchi a rotelle che, richiesti lo scorso anno dalla dirigente di un Liceo di Venezia, sono stati mandati alla discarica da chi le è succeduto. La notizia ha superato i confini prima della città, poi della provincia e della regione per approdare a Roma, dove sono pronte quattro interrogazioni parlamentari e dove è stato preannunciato un esposto alla Corte dei Conti.

Una volta tanto una convergenza tra esponenti di diversi partiti, anche lontani fra loro! Indipendentemente dal fatto che i banchi a rotelle della Azzolina siano stati a suo tempo ritenuti o meno una soluzione intelligente ai vari problemi della pandemia, mi pare evidente che, dal momento che erano stati acquistati, sarebbe stato bene impiegarli al meglio. E non credo che il caso veneziano sia l’unico in Italia.

Purtroppo non è una novità che, a fronte di risorse economiche di cui i dirigenti scolastici denunciano la mancanza, il sistema scolastico ne faccia ampio spreco. Un esempio? In nome del Piano operativo nazionale “Per la scuola. Competenze a ambienti per l’apprendimento”, in scadenza nell’anno solare corrente e finanziato dalla Comunità europea, le LIM - le lavagne interattive multimediali - stanno per essere soppiantate in molte aule italiane da monitor touch, che possono risolvere i difetti delle LIM.

Il monitor touch, in quanto blocco unico, può essere facilmente spostato, diversamente dalla LIM, e impiegato su un piano orizzontale; lo schermo è molto più luminoso; la risoluzione elevatissima.

Nulla da eccepire, su questo confronto. Ma il problema, purtroppo ancora più grave dello spreco economico, certamente in sé vergognoso, è che, con questa sostituzione di un dispositivo tecnologico con un altro, si può contribuire a perpetuare la convinzione, già troppo diffusa, che basti servirsi della tecnologia dell’ultimissimo momento per avere, tout court, una scuola migliore, come se il passaggio al digitale si riducesse a un problema di device.

Si respira una concezione di questo tipo quando, entrando nel “laboratorio di informatica” di una scuola, ci si imbatte in allievi impegnati in un “copia e incolla” da siti già scelti dall’insegnante, con cui essi credono di comporre un testo autentico. O quando si rileva che il messaggio che un gruppo di allievi ha costruito per questa o quell’occasione è in realtà un potpourri di frasi fatte, trovate in rete - se va bene, ad effetto per la forma, se va male, di una sgradevole standardizzazione o vacuità - ma di cui non si è ritenuto di discutere criticamente il significato.

Tutt’altro lo scenario del docente che guida alunni di un’altra scuola, primaria questa volta, ad avvalersi del digitale per lasciare traccia delle diverse versioni dei testi che stanno componendo, a confrontarle fra loro, per poi sviluppare riflessioni in merito. O quello in cui la sua collega sostiene i propri alunni nella conquista di strumenti digitali per poter ricercare insieme, in forma collaborativa, la soluzione di quesiti significativi. Tutt’altra musica rispetto alla richiesta di svolgere banali esercizi contrabbandati per problemi.

La rivoluzione digitale nella scuola non deve mettere nell’ombra la ricchezza della parola orale interpersonale, non deve far trascurare il processo consapevole della scrittura, potente risorsa di riflessione e di pensiero.

La rivoluzione digitale avrà senso soltanto se sarà capace di inglobare la forza della parola orale e di quella scritta, valorizzandone ulteriormente le potenzialità. Altrimenti, LIM o monitor touch poca importa, essa sarà un’occasione perduta, per la quale certamente non vanno spesi fondi, europei o italiani che siano. In ogni caso, nostri.

Adriana Lafranconi

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