02 marzo 2022

Il vescovo Oscar: “Dopo la pandemia, la guerra. Il cuore dell’uomo non è cambiato”

Monsignor Cantoni: “Si stanno provocando danni inimmaginabili e causando profonde ferite interiori, difficili da sanare nei prossimi anni. Come cristiani stiamo mostrando una bella e sincera vicinanza al popolo ucraino”

Monsignor Oscar Cantoni, vescovo di Como.


“La Quaresima interpreta bene il clima comune che stiamo respirando a causa della guerra in Ucraina, è il contesto favorevole per affrontare e vivere questi giorni nella fede. Attraversiamo un tempo di paura e di preoccupazione, che ci lascia sgomenti per le notizie che giungono di ora in ora, per i combattimenti e le uccisioni che sembrano acutizzarsi in Ucraina, nonostante timidi tentativi di dialogo tra le parti”.

Ad affermarlo è il vescovo di Como, monsignor Oscar Cantoni, che poco fa, nel pontificale delle Ceneri in Cattedrale, ha ricordato come in tutto il mondo “si innalza una preghiera corale al Dio della vita che vince le guerre, che piega la durezza dei cuori e invita ogni uomo alla riconciliazione e alla pace”.

“Questo clima di dolore per il popolo ucraino e per il popolo russo, che soffrono entrambi in questa situazione - ha detto il prelato - va letto e interpretato ancora alla luce della fede: questa dolorosa tragedia dell’umanità è una prova che può essere utilizzata in vista della nostra conversione”.

“Stavamo uscendo dalla pandemia e ora piombiamo nella guerra - ha subito aggiunto - un danno dopo l’altro. E ci domandiamo: avremo saputo trarre qualche insegnamento proprio dall’esperienza della pandemia? E’ proprio vero che ne siamo usciti migliori? Non sarebbe stata forse questa terribile prova un’occasione per tornare a Dio? Ora è sopraggiunta anche la guerra, con il pericolo che si estenda ulteriormente coinvolgendo nazioni e popoli”.

Il vescovo Oscar ha ammesso che “il cuore dell’uomo fa fatica a convertirsi, anzi non è cambiato”. Ecco così prevalere la logica del più forte, quella di chi per affermare la sua egemonia e le sue pretese usa qualunque mezzo, fa prevalere la forza, le armi, i missili e i carri armati, con centinaia di migliaia di persone in fuga dalla guerra.

“Si stanno provocando danni inimmaginabili - ha osservato monsignor Cantoni - e causando profonde ferite interiori, difficili da curare e sanare nei prossimi anni. Come cristiani stiamo mostrando una bella e sincera vicinanza al popolo ucraino. Ci prepariamo anche ad accogliere i numerosi profughi che a breve giungeranno da noi. Alcune persone hanno offerto alla Caritas la disponibilità all’accoglienza presso le loro abitazioni”.

Il presule ha quindi auspicato che le persone, in questa situazione così sofferta, “si facciano più attente e  più pensose, così da rivalutare la preghiera come un’indispensabile energia di vita e di speranza, in un momento in cui non si vedono altri sbocchi umani immediati”.

“Tuttavia la preghiera che rivolgiamo al Signore - ha detto ancora il vescovo - per essere autentica e vera ha bisogno di un altro supporto e cioè che anche noi ci impegniamo coraggiosamente a costruire la pace e a promuoverla in prima persona. Pace in noi stessi, innanzitutto, ma poi pace con chi ci vive accanto, con i nostri vicini, con i nostri colleghi di lavoro, con quanti ci infastidiscono o sono diversi da noi, addirittura pace anche con coloro i quali ci sono ostili”.

Quindi la riflessione finale: “La lingua può ferire le persone molto più di una spada, può essere uno strumento di morte anziché di comunione. Donne e uomini di pace sono necessari per creare gli anticorpi della solidarietà, del rispetto della vita di tutti, dell’attenzione ai piccoli, ai poveri e ai senza dimora. Cristo si è offerto sulla croce per fare di noi un solo popolo nuovo, redento dal suo sangue, per poter creare cieli nuovi e terra nuova. E ha bisogno di noi per realizzarli”.

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