24 giugno 2019

L’ultimo saluto a Enea Zucchi: “Eri un entusiasta. E un generoso”


Il rito funebre celebrato nella frazione mandellese di Somana, presenti tanti, tantissimi amici
Enea Zucchi, classe 1964.
di Claudio Bottagisi
Sulla bara il suo cappello alpino, la sua fotografia e un cuscino di fiori multicolori. Ai lati dell’altare, le penne nere. Dentro e fuori la chiesa di Sant’Abbondio tanta gente, tanti amici e conoscenti di Enea Zucchi. A celebrare il rito don Ambrogio Balatti, affiancato da don Massimo Rossi, parroco a Somana fino al 2015.
Prima della messa la corale parrocchiale intona il Signore delle cime e il celebrante invita a recuperare in questa circostanza “tutta la spiritualità di cui siamo capaci, anche per meglio comprendere il mistero della vita”.
Nella frazione è il giorno dell’ultimo saluto a Enea, morto all’età di 54 anni. I primi, a salutarlo, erano stati i coetanei del 1964, che ne avevano affidato il ricordo all’annuncio funebre affisso sui muri di Mandello. “I tuoi coscritti ti vogliono ricordare per come eri, matto al punto giusto ma con un grande cuore”. Poi un rimpianto: “Te ne sei andato troppo presto”.
Enea, al centro, con i suoi cugini argentini.
E’ personale anche il primo ricordo di don Ambrogio. “Quando ero arciprete a Chiavenna - dice - vedevo giovanotti lavorare appesi alle pareti della montagna per posizionare le reti paramassi. Uno di quei giovanotti era lui, perché poi venne a trovarmi e me lo confermò. Mi rimasero impresse la sua energia e la sua forte struttura. Era anche esuberante, Enea, e non aveva paura di affrontare le difficoltà”.
“Quando uno nasce e cresce con questo entusiasmo - aggiunge il sacerdote - è difficile contenerlo, anche se poi i traguardi terreni non sempre possono soddisfare. Dobbiamo allora trovare una risposta diversa alle esigenze della vita e per farlo siamo chiamati a recuperare quella dimensione trascendentale che oggi purtroppo stiamo perdendo”.
Quindi altri riferimenti a Enea e alla sua morte: “Lui ci fa riflettere, perché lui si è sempre buttato, a volte anche sbagliando. Ma era un generoso e non a caso Gesù dice che c’è più gioia nel ricevere che nel donare. Torniamo allora a dare importanza alla fede e alla preghiera, perché l’egoismo ci incattivisce e ci indebolisce”.
La preghiera, appunto. Prima che la celebrazione liturgica si concluda, una penna nera legge quella dell’alpino e Elena, la compagna di Enea, affida il suo saluto a un messaggio che è, insieme, appunto anche una bellissima e tenera preghiera.
A tutti coloro che amano, hanno amato e ameranno... Alle navi in navigazione e ai porti di scavo, alla mia famiglia e a tutti gli amici e agli estranei - dice - questo è un messaggio e una preghiera. Il messaggio è che i miei viaggi mi hanno insegnato una grande verità: io ho già avuto quello che tutti quanti cercano ma che soltanto pochi trovano, la sola persona al mondo che ero destinata ad amare per sempre”.
Elena parla di Enea come di una persona “ricca di semplici tesori, che si è fatta da sola e che da sola ha imparato”. E aggiunge, con voce commossa: “Un porto in cui mi sento a casa per sempre e che nessun vento, nessun problema potranno mai distruggere. La preghiera è che tutti al mondo possano conoscere questo genere di amore ed essere da esso sanati. Se la mia preghiera sarà ascoltata, saranno cancellati per sempre tutti i rimpianti e tutte le colpe e avranno fine tutti i rancori”.
Il rito si conclude. La bara lascia la chiesa sorretta a spalla dagli alpini. Fuori, sale alto un applauso. Poi il tragitto verso il cimitero della frazione e la sepoltura.
Somana non dimenticherà Enea. E a ricordarlo, nel giardino della casa dove lui è cresciuto, sarà anche un ulivo donato alla famiglia dai suoi amici più stretti. E più cari.

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