11 giugno 2020

“Apprendere a leggere e scrivere - Come e perché”, il nuovo libro di Adriana Lafranconi

Mandellese, da sempre nel mondo della scuola, l’autrice sottolinea l’importanza del coinvolgimento fattivo dei protagonisti, ossia i bambini
Adriana Lafranconi
(C.Bott.) Si intitola Apprendere a leggere e scrivere - Come e perché. Edito da “Studium”, riporta in copertina il messaggio scritto da un bimbo di 6 anni che reinterpreta figurativamente l’alfabeto. Ne è autrice Adriana Lafranconi, mandellese, e il titolo stesso pare suggerire un nuovo metodo per portare i bambini delle classi prime a imparare la lingua scritta.
“Se, con qualsiasi motore di ricerca, si prova a costruire una bibliografia relativamente a “metodi per insegnare a leggere e a scrivere” - premette al riguardo l’autrice - si apre un ventaglio di pagine che dà immediatamente l’idea di quanto su questo argomento sia già stato scritto. Di un nuovo metodo, insomma, non c’era bisogno, perché si sarebbe corso il rischio di riproporre qualcosa di già noto”.
Perché, allora, questo libro? “Se si iniziano ad approfondire le varie proposte metodologico-didattiche e le ragioni a loro sostegno - spiega sempre Adriana Lafranconi - ci si accorge di quanto aspra continui a essere la diatriba tra i differenti metodi e di come, dal fronte di ogni schieramento, si addossino alla parte opposta le responsabilità degli insuccessi nell’apprendimento della lingua scritta”.
“In questi anni - aggiunge - in netto vantaggio sono le proposte che indicano come partenza necessaria la conoscenza delle singole lettere o sillabe, da comporre via via in parole, frasi e testi. Un approccio che, considerato risorsa per i bambini con dislessia, ha trovato accoglienza generalizzata, anche perché poco costoso nella sua applicazione. Esattamente il contrario dell’indicazione di cominciare con frasi o parole globalmente conosciute dai bambini, per scoprire in esse le lettere dell’alfabeto da reimpiegare per la comprensione e produzione di significati, vero cuore della lettura e della scrittura”.
All’autrice è sembrato innanzitutto importante approfondire le regioni di tale diatriba, per indagare poi la possibilità di comporre in un quadro armonico gli esiti di tante ricerche che nel tempo hanno affrontato questo problema.
“Una prima conclusione a cui sono pervenuta - osserva - è che, mentre la conquista della lingua scritta è un processo complesso e sfaccettato, spesso gli studi su questo tema si sono focalizzati su una parte degli elementi in gioco, lasciandone in ombra altri, pure importanti, e le loro interconnessioni. Da qui la parzialità di molte conclusioni e la necessità di una loro integrazione in una visione articolata, per non disperderne il contributo positivo che in tal modo possono offrire”.
E ancora: “Un altro fondamento della mia tesi è che non si dà l’apprendimento del leggere e dello scrivere senza il coinvolgimento fattivo dei protagonisti, ossia i bambini, che non aspettano di avere di fronte un insegnante per iniziare a chiedersi come funziona la lingua scritta e darsi spontaneamente delle risposte, già a partire dalla scuola dell’infanzia. Da ciò la mia convinzione che non si possa scegliere preventivamente un metodo ma che, nel rispetto delle modalità di conoscere proprie dei bambini con cui si lavora, sia necessario scegliere e intrecciare, appunto tra i vari metodi, ciò che si ritiene “cosa buona” per lo specifico contesto. La domanda “Qual è il metodo migliore per insegnare a leggere e a scrivere?” non può insomma avere una risposta univoca: occorre una soluzione costruita in modo consapevole per le esigenze dei bambini, di una sezione, di una classe, di un gruppo”.
Una proposta indubbiamente impegnativa, quella presentata nel libro. Ma l’autrice si aspetta di trovare ascolto negli insegnanti? “Confermo che si è in presenza di una proposta impegnativa - risponde Adriana Lafranconi - perché richiede, oltre a conoscenze approfondite, la disponibilità a mettere in campo soluzioni inedite, contrariamente a quanto molta parte dell’editoria scolastica sta proponendo in questi ultimi anni”.
“Sarei comunque contenta - conclude l’autrice - se questo mio lavoro contribuisse a far nascere qualche dubbio laddove si dovesse registrare il rischio di procedere per slogan. Il profilo dell’insegnante è troppo prezioso per accettare derive di questo tipo”.
Uno scenario dominato dall’interesse per l’azione dell’insegnante
Nella prefazione, Giuliana Sandrone scrive che partendo dalle fondamenta del processo di apprendimento l’autrice “va oltre la pluralità di posizioni che la ricerca pedagogica, psicologica e neurologica ha prodotto e continua a produrre sui diversi metodi per l’insegnamento della letto-scrittura” e “indaga la prospettiva della loro possibile integrazione”.
“La prima parte del volume - osserva la docente universitaria - è l’espressione della forte convinzione che, a scanso di qualsivoglia eclettismo, l’integrazione intenzionale tra i diversi metodi non può non avere come strumento una loro solida conoscenza, che permetta di andare oltre la diatriba che da sempre ha  caratterizzato il loro confronto”.
“Si tratta di una conoscenza - aggiunge - la cui solidità si arricchisce delle riflessioni elaborate in tempi recenti nell’ambito delle neuroscienze, della psicologia e della psicologia genetica, ma è conoscenza che, soprattutto, può trasformarsi in azione educativa professionale, “buona” solo attraverso una sua declinazione attenta, guidata da una intenzionale antropologia pedagogica di riferimento, da quelle intuizioni e comprensioni immediate e contestuali che animano una relazione educativa autentica”.
Scrive sempre Giuliana Sandrone, ordinario di Pedagogia generale e sociale e prorettrice all’orientamento e al placement dell’Università di Bergamo: “La seconda parte del volume si colloca nella prospettiva dell’insegnante di scuola primaria e indaga con sistematicità i guadagni che possono venirgli dalla conoscenza dei princìpi dei diversi metodi di insegnamento della letto-scrittura, il tipo di azione didattica ne può scaturire e, non ultimo, quale analisi critica deve accompagnare la scelta di ciascuno dei modelli via via presentati e raccolti nelle tradizionali categorie di analitici o globali, sintetici o fono-sillabici, misti”.
In conclusione, “l’analisi puntuale di ciascun modello si colloca all’interno di uno scenario dominato dall’interesse per l’azione dell’insegnante e dalla cifra del suo agire”.
Insegnante, dirigente scolastica e consulente pedagogico-didattica
Adriana Lafranconi è stata insegnante elementare dal 1969 al 2002 e dal 2007 al 2009 dirigente scolastica. Ha anche ricoperto, tra il 2002 e il 2007, incarichi ai vertici dapprima dell’Ufficio scolastico regionale e quindi dell’Ufficio scolastico provinciale di Lecco.
Laureata in Scienza della formazione all’Università degli studi di Milano Bicocca, ha assunto ruoli significativi nel campo della formazione, oltre che negli ambiti culturale, pedagogico, amministrativo e gestionale.
Relatrice a partire dal 1980 in molteplici attività e iniziative riguardanti la didattica, la valutazione, la metodologia e l’organizzazione scolastica, ha svolto consulenze per la formazione e-learning ed è autrice e coautrice di varie pubblicazioni.
Ha collaborato a lungo con la rivista Scuola italiana moderna e attualmente è cultrice di pedagogia presso l’Università degli studi di Bergamo e consulente pedagogico-didattica dell’Istituto “Santa Giovanna Antida” di Mandello.

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