31 dicembre 2022

La morte di Benedetto XVI. Noi, in Vaticano quattro giorni dopo la sua elezione a papa

Il 23 aprile 2005 il successore di Giovanni Paolo II incontrò i giornalisti alla vigilia della messa di inizio del pontificato

Benedetto XVI in sala Nervi il 23 aprile 2005.


 (C.Bott.) Era il 23 aprile 2005 e raggiungevamo San Pietro quattro giorni dopo l’elezione a papa di Joseph Ratzinger, morto questa mattina all’età di 95 anni. Nell’immediata vigilia della messa che appunto il giorno successivo avrebbe segnato l’inizio del suo pontificato, Benedetto XVI incontrò i giornalisti.
L’appuntamento era per metà mattina nella sala Paolo VI in Vaticano, proprio sotto il Cupolone. Un privilegio per 4.000 giornalisti arrivati a Roma da tutta Italia e da tutto il mondo. Con loro Joaquin Navarro Valls, portavoce della Santa Sede.
Il nuovo pontefice arrivò puntualissimo alle 11, accolto da un caloroso applauso. Si fermò due, tre, quattro volte prima di raggiungere il centro della sala. Da quel momento il “palcoscenico” fu tutto per lui, che salutò unendo le mani e alzandole sopra la testa, proprio come il mondo gli aveva visto fare il giorno della sua elezione.
Salutò e sorrise, Benedetto XVI. In piedi, recitò il Padre nostro e invitò i giornalisti a fare altrettanto. Poi pronunciò il suo indirizzo di saluto. Non sollecitò chi lo ascoltava a dire sempre e soltanto la verità. “Forse vorrebbe farlo”, sussurrò un collega. Ma quel giorno per i mezzi di comunicazione il pontefice ebbe soltanto parole di elogio e soprattutto espressioni di sentito ringraziamento nei riguardi dei mass media “per il servizio prestato in tutti questi giorni”.
Si interruppe, Benedetto XVI, e scrutò la platea dei giornalisti, quasi volesse guardarli uno a uno, negli occhi. Non potendo farlo, si limitò a sorridere, un’altra volta e un po’ più a lungo. Quindi riattaccò: “Grazie al vostro lavoro - disse - per giorni e giorni l’attenzione del mondo è rimasta fissa sulla Basilica di San Pietro e di questo vi sono grato”.

Un'altra immagine di Benedetto XVI scattata quattro giorni dopo la sua elezione a papa.


Parlò dapprima in italiano, il pontefice. Poi in inglese, quindi in francese e infine nella “sua” lingua tedesca. Un cenno al suo predecessore Giovanni Paolo II e la benedizione, prima di congedarsi con un italianissimo “grazie e arrivederci”.
A metà sala, entrati non si sa come, alcuni ragazzini sui 10-11 anni si misero a scandire il nome di Benedetto XVI, che salutò e lasciò l’Aula.
Uscirono anche i giornalisti e fuori era tutto un vociare. C’era un porporato che concedeva un’intervista a una televisione messicana. C’erano tre giornalisti brasiliani che si scambiavano opinioni. E c’era ancora quel gruppo di ragazzini che continuava imperterrito a urlare il nome di Benedetto XVI.
In piazza San Pietro era ormai tutto pronto per la cerimonia di inizio del pontificato. C’erano le transenne, una lunga fila di sedie, i fiori e qualche addobbo qua e là. La Libreria Internazionale Vaticana era già stata intitolata a Giovanni Paolo II e sulla rampa di accesso agli scaffali dominava la figura dolce di Wojtyla.
Sotto l’obelisco alcuni giovani sventolavano bandiere. C’era quella della Germania e c’era il vessillo della Baviera, la terra di Ratzinger. Erano orgogliosi, quei ragazzi, di Benedetto XVI. Tre di loro improvvisarono un coro: “Il papa è nostro, il papa è nostro”. La gente li guardò e sorrise compiaciuta.
Lasciammo piazza San Pietro dopo aver rivolto lo sguardo alla finestra del palazzo apostolico da cui era affacciato per oltre 26 anni, fino a un mese prima, Giovanni Paolo II. Ai lati della piazza si snodava il serpentone della gente in coda da ore per entrare in Basilica e rendere omaggio alla tomba di Wojtyla.
I negozi di souvenir in via della Conciliazione vendevano già foto e cartoline con l’effigie del nuovo papa. A noi restava la soddisfazione, professionale ma prima ancora umana, di poter “raccontare” di lì a qualche ora il sorriso del pontefice visto da vicino.
 
Padre Georg a Colico il 1° febbraio 2015.
 
 
QUEL GIORNO DEL 2015 A COLICO CON PADRE GEORG

Il nome e la figura di Benedetto XVI si legano come noto anche a padre Georg Gänswein, segretario personale del pontefice e al fianco di Ratzinger anche negli ultimi giorni di vita del papa emerito. Fu proprio padre Georg a celebrare a Colico la prima domenica di febbraio del 2015 il settantaduesimo anniversario della storica battaglia di Nikolajewka, combattuta negli anni della seconda guerra mondiale.
Quel giorno si erano date appuntamento nel capoluogo dell’Alto Lario lecchese centinaia di penne nere, con una decina di sezioni Ana rappresentate e oltre 100 gruppi provenienti da varie province della Lombardia, oltre che dal Piemonte e dal Veneto, ed era toccato a monsignor Gänswein, da tre anni prefetto della Casa pontificia, presiedere la celebrazione della messa nella chiesa di San Giorgio, affiancato dall’allora parroco di Colico, don Giovanni Quadrio, e da padre Ludovico Valenti, priore abate dell’Abbazia cistercense di Piona.



 “VIVA GRATITUDINE” PER IL “DIARIO DI VIAGGIO”
Di Benedetto XVI a chi scrive rimane anche la lettera inviatagli a nome del pontefice da monsignor Gabriele Caccia, della Segreteria di Stato vaticana, pochi giorni prima della ricorrenza dell’8 dicembre 2006 dopo che al papa era stato recapitato il libro Argentina e Israele - Diario di viaggio dato alle stampe pochi mesi prima dalle Edizioni Monte San Martino.
“Il Santo Padre - si leggeva nella missiva - desidera manifestare viva gratitudine per il dono della pubblicazione e, mentre formula voti di ogni bene, invoca la materna protezione della Vergine Immacolata ed è lieto di impartire a lei e alle persone care la benedizione apostolica, auspicio di serenità e di letizia nel Signore”.

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