21 settembre 2019

Mandello. Sport in festa e l’omaggio alle donne che conquistarono il Monte Rosa

Domani a Pramagno sarà ricordata l’impresa del 1960 di Eliana Zanetti, Lena "Elena" Mainetti, Carla Balatti e Rosanna Valli
Eliana Zanetti, Lena Mainetti, Rosanna Valli e Carla Balatti nel 1960 in cima al Monte Rosa.
di Claudio Bottagisi
Sport protagonista per l’intera giornata di domenica 22 settembre a Mandello. Quella di domani è infatti la data scelta dall’amministrazione comunale, e in prima persona dall’assessore Serenella Alippi, per l’annuale appuntamento con la Festa dello sport, organizzata in collaborazione con la Polisportiva Mandello presso il palazzetto del centro sportivo di Pramagno.
A partire dalle 10.30 tutti i ragazzi che lo vorranno potranno cimentarsi in diverse discipline sportive, tra cui la parete da arrampicata, la pallavolo, la pallacanestro, il tennis, il calcio, il tiro al bersaglio, il karate e il canottaggio. Poi ancora la vela, il roller, la scherma, il ping-pong, il jiu-jitsu brasiliano, il pugilato, la kickboxing, il kendo e il calcio balilla.
All’organizzazione della festa hanno concorso quest’anno l’associazione Fuoriclasse, il gruppo alpinistico “Corvi” e il Cai Grigne.
“A tutti i ragazzi che si saranno avvicinati ad almeno cinque discipline sportive - spiega l’assessore Alippi - sarà donato un simpatico gadget. Nel pomeriggio, poi, ogni associazione si cimenterà con i propri istruttori in prove dimostrative delle rispettive discipline. Alle 17 la festa proseguirà con la premiazione dei giovani atleti under 16 che hanno ottenuto risultati significativi nell’arco della stagione 2018-2019 e con la proclamazione dell’atleta dell’anno”.
Ma non è ancora tutto. Nel corso della cerimonia di premiazione, dunque a partire dalle 17, lo sport e in generale Mandello renderanno omaggio a quattro donne che nell’estate del 1960 furono tra le protagoniste della spedizione “100 donne sul Monte Rosa” voluta dal Cai Menaggio. Si tratta di Eliana Zanetti, Lena "Elena" Mainetti, Carla Balatti e Rosanna Valli, mandellesi, che appunto 59 anni fa - in nome dell’uguaglianza dei sessi - partirono da Gressoney e raggiunsero la Capanna Regina Margherita, il rifugio più alto d’Europa posto a oltre 4.550 metri di quota (la sua inaugurazione risale al 1893, anno in cui vi pernottò appunto Margherita di Savoia).
Prima della loro partenza, sul sagrato del Duomo di Milano alle donne protagoniste di quella storica ascensione erano state consegnate due riproduzioni dorate della Madonnina da deporre alla Capanna Margherita e le corde, di uno speciale materiale sintetico, da utilizzare nella scalata.
In primo piano le mandellesi protagoniste dell'impresa del 1960.
Quell’impresa fu ricordata anni fa da Giovanni Zucchi, conosciuta guida alpina mandellese, in un suo scritto pubblicato sul Notiziario del Cai Grigne. Vi si leggeva tra l’altro: “Il 27 luglio 1960 delle centodiciotto donne partite centoquindici arrivano al rifugio Regina Margherita, il più alto sulle Alpi a 4.559 metri, in cima alla punta Gnifetti. Carla, Lena e Rosanna sono le tre mandellesi autoctone che insieme a Eliana, originaria del Bresciano e mandellese d’adozione, formeranno la squadra del Cai Grigne. Quattro belle e brave ragazze (tra i 19 e i 22 anni), coraggiose quanto basta da non temere di affrontare un evento quantomeno insolito per l’epoca, quando il concetto delle pari opportunità è ancora da inventare, la maggiore età si raggiunge a 21 anni e le donne votano da meno di quindici. Cocciute quanto basta da non arrendersi facilmente alle difficoltà e alla fatica.
Nilo, presidente della sezione, avalla l’elenco delle ascensioni alpinistiche delle ragazze richiesto dall’organizzazione, che però sono ancora tutte da realizzare, e incarica i soci del Gruppo Alta Montagna di provvedere per tempo a concretizzarle. Tutti ci mettono il massimo impegno per onorare l’attestazione del presidente e perché le nostre quattro facciano bella figura, ma soprattutto perché loro si sentano preparate e sicure.
Il rifugio "Regina Margherita" sul Monte Rosa.
All’inizio di luglio tocca a Paolo e a me accompagnarle nell’ultima salita di allenamento, che prevede la percorrenza dello stesso itinerario che dovranno affrontare, insieme alle altre, a fine mese.
Nino, il vicepresidente, organizza una gita sociale a Gressoney con salita e pernottamento al rifugio Gnifetti, collocato su uno sperone roccioso tra il ghiacciaio del Garstelet e quello del Lys, a quota 3.647.
Dopo il viaggio in pullman e la salita in seggiovia a Punta Jolanda, inizia la lunga “scarpinata”; oltre mille e quattrocento metri di dislivello (più di quanti ce ne siano dalla riva del nostro lago al rifugio Elisa) a una quota che incomincia a farsi sentire.
Lasciamo che sia Nino a cadenzare il passo della comitiva, mentre Paolo ed io acceleriamo un po’ per salire poi oltre il rifugio a prendere visione di quello che ci aspetterà domani. Una decisione che ci tornerà veramente utile…”.
E più avanti: “Come sempre, quando si intraprendono ascensioni in alta quota, la sveglia è prima delle 4. Chiedo alle ragazze come hanno passato le ultime ore, si guardano in faccia con una smorfia che potrebbe significare “Boh!?”. Non potrei avere risposta migliore: se non si ricordano come sono trascorse significa che hanno dormito come marmotte in letargo, a oltre 3.600 metri di quota, e per loro è pure la prima volta.
Mentre riempiono di tè caldo i nostri thermos, i rifugisti ci informano che il tempo s’è messo al brutto: ci sono nebbia e nubi basse. Un portatore di Gressoney, che dovrebbe salire alla “Margherita” con un carico di combustibile, decide di non partire. Non mi vergogno di chiedere il parere dei rifugisti che, come detto, sono guide alpine; con quelle condizioni di tempo ci consigliano di non andare più su del Colle della Scoperta, a 4.135 metri di quota, oltre il quale potremmo avere problemi di orientamento, perciò la salita fino in cima alla Punta Gnifetti è da scartare, ma le ragazze vogliono salire più in alto possibile.
Ecco che ci torna utile la breve esplorazione fatta il giorno prima. Un po’ a destra del Colle della Scoperta (che molti impropriamente chiamano Colle del Lys) abbiamo visto il bivacco Giordano al Balmenhorn con la statua del Cristo delle vette, una meta di ripiego comunque molto ambita dagli alpinisti, che non presenta grandi problemi di orientamento e dove la pendenza maggiore consente di guadagnare quota in meno tempo…
Pur in assenza di difficoltà tecniche è necessario legarsi in cordata per l’insidia dei crepacci; i ramponi sono indispensabili e la piccozza una precauzione da non sottovalutare; un mazzo di bandierine segnapercorso ci permetterà di disseminare qua e là punti di riferimento per il ritorno…
Le precedenti salite di allenamento stanno dando i loro frutti e le ragazze tengono un buon passo. Una corda fissa agevola il superamento delle rocce prima del bivacco Giordano, accarezziamo la statua del Cristo e continuiamo a salire, raggiungiamo il colle del Lys (quello vero) e ancora su, fin oltre i 4.300 metri.
Ormai ci sono poche rocce da superare per arrivare in cima al Corno Nero: forse sono facili e forse no e non abbiamo portato chiodi, la visibilità sta peggiorando e intravediamo appena l’ultima bandierina che abbiamo messo. Le ragazze stanno benissimo e, tutto sommato, non abbiamo sprecato la giornata. Ritiriamo le bandierine per evitare che possano in seguito fuorviare qualcuno e torniamo al rifugio.
Nino sta passeggiando nervosamente sul terrazzo e ci saluta con evidente sollievo. I rifugisti vogliono sapere… poi si congratulano con le ragazze, non usando le solite parole di circostanza ma con un significativo commento: “Se anche le altre novantasette si sono preparate come voi, incominciamo a credere che questa idea, un po’ balorda, di voler far arrivare in cima alla Punta Gnifetti una fila di almeno cento donne, suddivise in una quarantina di cordate senza assistenza diretta delle guide, potrebbe anche riuscire”. Poi, di loro iniziativa, promettono alle nostre che per loro avranno un occhio di riguardo; non sarà difficile riconoscerle in mezzo alle “cento” perché indosseranno i nostri maglioni neri con quattro righe rosse alla manica sinistra.
Possiamo prendercela comoda e arrivare a Punta Jolanda che la seggiovia è ancora in funzione, poi sul pullman potremo sonnecchiare per qualche ora”.

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