10 aprile 2020

Il parroco di Lierna: “Pasqua è all’orizzonte, viviamola con rispetto e affetto”

Don Marco Malugani scrive: “Sulla croce, Gesù ha emanato il profumo più intenso del suo amore per l’umanità, raggiungendo il massimo trionfo, perché non ha schiacciato miracolosamente ma amato ostinatamente anche chi lo rifiutava”
Don Marco Malugani, parroco di Lierna.
Un messaggio che è, insieme, un augurio e una riflessione. A indirizzarlo alla sua comunità, nei giorni immediatamente precedenti la Pasqua, è don Marco Malugani, parroco di Lierna. Questo il testo del suo intervento:
La Quaresima anticamente è nata in riferimento all’itinerario dei Catecumeni adulti, per ricevere il santo battesimo nella notte di Pasqua. Durava diversi anni e si intensificava poi, nell’ultimo, per un tempo di circa quaranta giorni. La Chiesa ripropone a noi, che abbiamo ricevuto il primo sacramento da bambini, il cammino quaresimale per riscoprire, accogliere, custodire, far crescere il battesimo.
In linea con il Vangelo, si articola: nella preghiera e nel digiuno che sfocia nella carità; ciò che risparmio rinunciando al cibo o ad altro non lo tengo nel cassetto, non lo porto in banca, non lo uso per le vacanze ma è per i fratelli bisognosi: così cresce la vita di Dio in noi.

Il primo passo, però, è molto delicato e decisivo. Si tratta di capire bene che il battesimo è il dono di Dio per noi: un dono gratuito, completo, definitivo. E’ come se Dio ci firmasse l’assegno in bianco e ci dicesse: “Ora tu sei mio figlio! E lo sarai per sempre, qualunque cosa tu faccia nella vita, io non mi pentirò mai!”.

Allora la nostra  convinzione non è: mi devo moralmente impegnare per meritare questo dono sorprendente, preziosissimo, indispensabile, divino... ma è di credere che in esso siamo uniti a Gesù il figlio eterno, santo, buono, che condivide con noi la sua figliolanza, cioè l’amore del Padre e per il Padre e la sua fratellanza, cioè l’amore per i fratelli.

Il secondo passo, dopo questa prioritaria consapevolezza della differenza tra ciò che compro e pago e ciò che invece ricevo in dono, è la presa di coscienza che si tratta di un incontro tra chi dona e chi riceve il dono e che si forma una specie di ponte su cui transita l’amore.

A questo punto subentra la nostra libertà, il cui rispetto è stato da qualcuno definito la “debolezza di Dio”. Possiamo, purtroppo, non accettare il dono, tenere chiuse le mani, invece di aprirle per prenderlo e lasciarlo cadere.

Il peccato, che più o meno affascina anche noi, consiste in questa fatica nel fidarsi di Dio, come se attraverso il suo dono gratuito ci volesse ricattare. Abbiamo paura di perdere le nostre zone di compensazioni, le piccole e grandi schiavitù che ci gratificano. Ci sembra un Dio esigente che ci fa entrare nella sua logica di  preoccuparci un po’ meno di noi e di occuparci un po’ più degli altri.

La preghiera è il respiro della vita nuova, la vita battesimale;  è l’arte di accogliere l’amore di Dio e fa la differenza tra un cuore e un altro cuore, come l’acqua fa la differenza tra il deserto e la Pianura padana; è un’alternanza di parole e di silenzio; è la risposta all’ascolto di Dio e ci fa scoprire una rete d’amore in cui siamo dentro tutti e nessuno è escluso. La sua parola ha a che fare con la nostra salvezza, parla in un modo così puro da mettere a nudo le nostre debolezze, ma non ci umilia.

San Francesco, nella sua esperienza di preghiera, ha intuito un Dio così buono e sapiente che ci vuole più bene di quanto ne vogliamo a noi stessi, capisce la nostra vita meglio di noi, sa bene che cosa dobbiamo fare per realizzarci. Compie così un importante passo avanti nella adesione al suo battesimo e con totale abbandono, prega: “Signore cosa vuoi che io faccia?”, rovesciando un altro modo di pregare, più familiare a noi, ma meno maturo, perché  implicitamente chiediamo a Dio di fare la nostra volontà.

Papa Francesco in un suo libro cita un santo russo che definisce la vita battesimale come acquisizione dello Spirito Santo, rimandandoci alla lettera di San Paolo (Rom. 5,5) in cui si afferma che l’amore di Dio è riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo.

Noi cristiani, se vogliamo essere coerenti con il battesimo, dobbiamo lasciarci inzuppare nell’amore di Dio, un po’ come i savoiardi nel tiramisù. Il cuore di cui si parla non è l’organo cardiaco, è solo una metafora per indicare che tutta la nostra persona è inondata d’amore, nei suoi aspetti amabili e detestabili. Questa è la vera medicina per noi, perché quando facciamo il male, oltre a far male al prossimo all’esterno, ci facciamo male anche dentro; esempio: se rubo, divento ladro.

Sant’Agostino ci insegna che la penitenza assomiglia alla ginnastica; non è per punirci, ma per farci stare meglio; a volte ci pesa perché trascuriamo l’allenamento; i bisogni veri vanno soddisfatti, ma gli eccessi seminano i vizi. Se alla sera mangi come un lupo e il mattino dormi fino alle dieci, se cedi ad abitudini sedentarie, il corpo si appesantisce e nelle salite ti viene il fiatone.

La sobrietà ci distoglie da un esagerato attaccamento alle cose e ci orienta verso le relazioni a volte faticose, esercizi per far fiorire la nostra esistenza e renderci contenti. E’ simile alla fisioterapia che aiuta a  ricuperare la tonicità muscolare quando si toglie il gesso.

San Giovanni Crisostomo, in una sua omelìa, invita i fedeli a custodire il dono di Cristo che nel battesimo ci inserisce nel suo mistero pasquale, attraverso la vigilanza: “Smettetela di fare confusione!”, dice: “Datevi un po’ di ordine! Non è più possibile essere indifferenti. Guardate gli atleti: dimostrate una bella attenzione! La  mancanza di equilibrio umilia il nostro corpo e lo riduce a uno stato di schiavitù. Cosa vediamo, cosa suscita la vista nel tuo cuore? Non su tutto vada con leggerezza il tuo sguardo! I denti e le labbra, sono a protezione  della lingua, perché non parli a vanvera, non ferisca, ma pronunci parole che edificano, che comunicano gioia”.

Ho voluto abbondare in queste mie riflessioni, che in parte ho attinto da fra’ Giulio, responsabile editoriale della libreria Vaticana, per supplire un poco alle omelìe e alle catechesi che in questa strana e penosa Quaresima sono mancate.

Mentre immagino la vostra tristezza e il vostro disagio per le Eucaristie e le altre funzioni a porte chiuse, e per tutte le altre difficoltà familiari, sono certo che la vostra buona volontà le saprà valorizzare.

La Pasqua è all’orizzonte e presto arriverà. Sappiamo che non si potrà celebrare in forma solenne. Facciamo in modo di non diminuirne l’importanza e di viverla, almeno nel desiderio, con rispetto e affetto.

Dopo queste disposizioni, che tutti vogliamo osservare, non perdiamo l’anelito alla comunità. Ognuno di noi si senta come un filo, non impazzito, la cui bellezza risalta nell’unità del tessuto.

“A Pasqua non preoccupiamoci di vincere, perché ha già vinto il Signore, ma di godere nella vittoria. Tutto quello che Lui ha fatto ci raggiunge nel battesimo. Dio ha combattuto ma la corona è nostra. Dio non è geloso ma generoso (Gregorio di Nissa).

La Pasqua è seria, non possiamo accoglierla in modo banale e distratto. Noi siamo molto selettivi: abbiamo gli amici, gli indifferenti, i nemici. Non restiamo sordi all’imperativo biblico. “Abbiate gli stessi sentimenti di Cristo!”. Anche la nostra vita battesimale crescerà in noi se ci lasceremo abbracciare da Dio con la sincera voglia di abbracciare i nostri fratelli.

Sulla croce, Gesù ha emanato il profumo più intenso del suo amore per l’umanità, raggiungendo il massimo trionfo, perché non ha schiacciato miracolosamente ma amato ostinatamente anche chi lo rifiutava.

Le icone sono sempre dipinte su uno sfondo d’oro per ricordarci che il contesto in cui si realizza la nostra storia personale e comunitaria è l’amore fedele di Dio. Le ferite, inflitte in noi dal peccato, dopo la morte di Gesù diventano feritoie della grazia e, se ci crediamo, si apre per noi un cammino di speranza e di Risurrezione. Buona Pasqua!
Il vostro parroco, don Marco


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