03 marzo 2020

Don Filippo Macchi è in Mozambico. Nel 2013 scrisse: “Se non lo faccio ora, non lo farò mai più”

Sul sussidio per la Quaresima e la Pasqua 2020 il sacerdote, per sei anni vicario a Mandello, scrive: "Se sei pronto a servire per amore, sei seme che cade in terra, che muore e produce molto frutto"
Don Filippo Macchi, vicario a Mandello dal 2006 al 2012.
di Claudio Bottagisi
Da fine gennaio è in Mozambico e in terra africana si appresta ad avviare una nuova collaborazione missionaria nella diocesi di Nacala, retta dal vescovo Alberto Vera Aréjula.
Già nel 2013, un anno dopo aver lasciato la parrocchia “Sacro Cuore” di Mandello dove era stato inviato nel 2006 dopo la sua ordinazione, don Filippo Macchi - in seguito vicario a Maccio di Villaguardia e successivamente a Grosio, in provincia di Sondrio - aveva motivato la sua scelta e la sua disponibilità a partire. “Serenamente - aveva spiegato il sacerdote - mi sono guardato intorno, mi sono guardato dentro e mi sono detto che se non lo faccio ora non lo farò probabilmente mai più”.
Ad accompagnare don Filippo, 39 anni, verso la sua nuova destinazione sono stati il direttore del Centro missionario diocesano, don Alberto Pini, e don Alessandro Zubiani, compagno di messa dell’ex vicario del “Sacro Cuore” e parroco di Delebio, parrocchia natale di padre Giorgio Giboli, il missionario comboniano che li ha accolti al loro arrivo in Africa.
Don Filippo con il vescovo Oscar Cantoni. Sulla destra, i genitori del sacerdote.
La diocesi di Nacala dove don Filippo, originario di Gemonio, svolgerà il suo ministero è una realtà estesa per 26mila chilometri quadrati nel Nord-ovest del Mozambico, con una popolazione di poco inferiore ai 3 milioni di abitanti, il 41% dei quali di religione cattolica. Le parrocchie sono 24, con meno di 30 preti e poco più di un centinaio tra religiosi e religiose.
Tra le riflessioni contenute nel sussidio per la Quaresima 2020 predisposto dal Centro missionario diocesano tre, compresa quella della domenica di Pasqua, portano la firma proprio di don Filippo. In quella del Giovedì della Settimana santa il sacerdote scrive: “Vivi ciò che insegni, raccomanda il vescovo a ogni nuovo diacono. Cristo, sacerdote eterno ma anche primo diacono della sua Chiesa, prima di sedersi ha fatto il giro della tavola, si è passato ventiquattro piedi sporchi tra le mani e così ha dato l’esempio”.
“Ci ha fatto vedere come si fa - scrive sempre don Filippo - perché lo facessimo anche noi… Ma noi siamo peccatori, diciamo ma non facciamo, tentiamo ma non riusciamo, ci abbassiamo in ginocchio ma non fino ai piedi del fratello… Abbiamo fame e abbiamo bisogno di Lui e ogni giorno torniamo a quella mensa. Per riprovare, ogni giorno, a camminare al suo passo e così scoprirci santi, una caduta dopo l’altra”.
Don Filippo con padre Giorgio Giboli (al centro) e don Alberto Pini in Mozambico nell'agosto 2019.
E nella riflessione del Venerdì santo don Filippo scrive: “Alle porte di un santuario nascosto nel cuore dell’Africa, con la tecnica coloniale delle ceramiche colorate, è stata riprodotta una grande crocifissione. Da una parte Cristo guarisce e insegna ai discepoli, sullo sfondo la città di Gerusalemme. Dall’altra, i missionari curano malattie e portano il Vangelo alla gente africana, ai piedi delle montagne del Nord del Mozambico. Piantati al centro della storia e del mondo, hanno sembianze nere il Cristo crocifisso, la Madonna addolorata e il discepolo amato”.
E più oltre: “Come spesso accade quando ci si congeda, egli affida loro allo stesso tempo un incarico e una compagnia: preoccupati di lui, servilo e amalo come un figlio, così lui sarà sempre con te e ti amerà come una madre. E’ anche un segno di fiducia: non finisce qui, non siete soli, questa famiglia non si spezzerà”.
Nella sua testimonianza per la domenica di Pasqua, poi, don Filippo osserva: “Cristo vive e ti vuole vivo. E’ risorto anche per te, c’è frutto anche per te. Chi ha ricevuto questa notizia diventa missionario, lo dice e lo grida a tutti. Dal mattino di Pasqua in poi ogni martire per fede e per amore non è solo, sa come va a finire, sa che non è finita. E se sei pronto a servire per amore, sei seme che cade in terra, che muore e produce molto frutto”.

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