04 aprile 2023

L’arcivescovo Delpini a Mandello Lario. “Dobbiamo essere il popolo della gioia, non del lamento”

Sul fenomeno dell’immigrazione l’alto prelato dice: “Qualcuno lo interpreta come l’invasione dei musulmani, quando invece la gran parte delle persone che giungono da noi sono cristiani, magari anche più contenti di noi. E allora sotto i nostri occhi dobbiamo scorgere qualcosa di nuovo e non di catastrofico”

L'arrivo di monsignor Mario Delpini ieri sera al teatro "San Lorenzo" di Mandello Lario.
 
(C.Bott.)Questo incontro è per me motivo di grande emozione perché profuma di amicizia. Monsignor Mario Delpini guida la diocesi di Milano con una dedizione instancabile, vivace e creativa e averlo con noi dà gioia”. Don Marco Malugani, parroco di Lierna, ha introdotto con queste parole l’ultimo incontro vicariale del cammino di Quaresima che si è tenuto ieri sera al teatro “San Lorenzo” di Mandello Lario.
“Sono venuto volentieri anche perché amo il vostro lago”, ha premesso l’arcivescovo di Milano. “E poi - ha aggiunto con una simpatica battuta - svolgere il proprio ministero a Milano di per sé è facile perché la diocesi è talmente grande che sono gli altri a far tutto e così se anche manca il vescovo non se ne accorge nessuno”.
Quindi i primi riferimenti al tema della serata, che verteva sulla missionarietà, sulla sinodalità e sulla ministerialità. “Parole quasi magiche - ha detto l’alto prelato - anche se io ai sostantivi tronchi, con l’accento sull’ultima sillaba, preferisco gli aggettivi”.

L'arcivescovo di Milano con don Marco Malugani, parroco di Lierna.
 
Poi le riflessioni iniziali sui comportamenti e sugli atteggiamenti da assumere di fronte all’inedito. “C’è un modo di affrontare determinate situazioni, così come i contesti culturali e religiosi, che è pregiudizialmente critico e incline al malumore - ha affermato - eppure noi siamo la gente del Vangelo e dovremmo essere un po’ più cristiani anche nel giudicare quanto sta accadendo”.
E allora ecco un riferimento a papa Francesco, “che a questo riguardo ha molto da dirci e che vuole che noi siamo il popolo della gioia e non del lamento”.
Poi un accenno al fenomeno dell’immigrazione. “Qualcuno lo interpreta come l’invasione dei musulmani - ha ammonito - quando invece la gran parte delle persone che giungono da noi sono cristiani, magari anche più contenti di noi. E allora sotto i nostri occhi dobbiamo scorgere qualcosa di nuovo e non di catastrofico e non vedere soltanto quello che non ci piace”.

 
“C’è un modo di affrontare l’inedito - ha aggiunto monsignor Delpini - che sa riconoscervi la grazia di Dio e farne motivo di incoraggiamento e di esortazione lungimirante. C’è uno sguardo di fede che sa essere intraprendente e che sa cercare collaboratori anche in persone improbabili”.
Quindi alcuni interrogativi, alla luce di queste considerazioni: come sarà la Chiesa di domani? Ci saranno forze nuove per la missione oppure invecchierà? E qual è l’inedito della vita della Chiesa nel nostro tempo? In definitiva, quale Chiesa si vuole costruire e che tipo di cammino stiamo facendo?

 
Addentrandosi nel concetto di missione, l’arcivescovo di Milano ha esortato a non scoraggiarsi, “anche perché - ha detto - siamo chiamati a obbedire al mandato affidatoci dal Signore, sapendo che Lui è sempre con noi. Allora non dobbiamo provare imbarazzo nel parlare di Gesù anche a scuola o nei luoghi di lavoro, pur nella consapevolezza che in tal modo ci si può esporre a qualche fallimento”.
Infine alcune riflessioni sulla possibilità che le diverse generazioni possano incontrarsi nella Chiesa, così come le diverse provenienze e le diverse sensibilità. “Diventare adulti vuol dire assumersi responsabilità, ciascuno nel proprio ruolo - ha ammonito monsignor Delpini - e le lamentazioni delle mamme, dei papà e dei preti possono scoraggiare il desiderio dei giovani di diventare madri, padri o sacerdoti”.
“Si deve perciò trovare un modo - ha concluso l’arcivescovo - per far sì che l’incontro tra le diverse generazioni diventi una comunione che renda desiderabile per un giovane l’idea di diventare adulto e di mettere mano all’impresa di aggiustare il mondo senza complessi di inferiorità, senza vergognarsi, senza presunzione ma con rinnovato vigore e con nuovi pensieri”.
 








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